Milano, 23 maggio 2010 - Una messa per le persone separate. Si è tenuta ieri nella chiesa di San Bartolomeo, in via della Moscova 6, la prima di una serie di celebrazioni per tutte le ormai numerosissime persone che hanno vissuto il dramma della separazione e che, troppo spesso, si sono viste chiudere la porta in faccia dalle proprie parrocchie. La particolare celebrazione è stata organizzata dall’associazione Famiglie Separate Cristiane, seguendo un modello già esistente a Roma, non a caso in una chiesa in centro e facile da raggiungere con la metropolitana: «Vogliamo dire a tutte le persone separate che c’è un posto anche per loro - spiega il presidente dell’associazione Ernesto Emanuele - Noi come associazione abbiamo iniziato aiutandoci tra di noi, dopodiché, vedendo che il problema si faceva sempre più frequente, abbiamo iniziato ad aiutare anche tutti gli altri».

 

L’associazione è nata nel ’90 per dare sostegno alle persone che si separano, è partita da poco più di un gruppo di amici ed è diventata un servizio di assistenza 24 ore su 24 che si pone come obiettivo quello di creare un dialogo con le istituzioni clericali: «Cerchiamo di portare dentro alla chiesa il problema dei separati di cui i preti non sanno assolutamente nulla - prosegue Emanuele -. Magari sanno molto dei peccatori, ma della nostra realtà vanno per sentito dire». A messa arrivano persone di tutte le età, spesso informati tramite passaparola: «Sono venuto perché mi ha avvisato mia madre che l’ha letto sul giornale - dice Giovanni Gabardini - Trovo che sia un’iniziativa interessante. Finalmente si inizia anche a occuparsi di persone separate che sono sempre di più. Chi ha un padre spirituale sa che la chiesa non ti allontana. Io ho avuto la fortuna di avere degli amici nella parrocchia, ma ho anche ricevuto parole spiacevoli».

In parrocchia, per questa particolare celebrazione, arrivano anche persone che la separazione l’hanno vissuta indirettamente, spesso con esperienze molto difficili: «Io sono sposata a uomo separato - racconta Tina Blasucci - la Chiesa non ha mai avuto problemi nei miei confronti, ma con mio marito sì, e lui ne ha sofferto molto. Per 10 anni abbiamo cercato un religioso che fosse disposto ad ascoltare e a capire la situazione. Finalmente ci siamo riusciti, ma è un merito del singolo. La Chiesa come istituzione è silente e sorda».

Tra le persone presenti le storie di brutte esperienze con parrocchie e clero bigotto sono molte, storie che alle volte hanno portato a vere e proprie rotture: «Oggi sono qui per rispetto dell’associazione e di Dio, non certo per credere alle parole dei ministri della Chiesa - dice con durezza Giancarla Paolini -. Quando mio figlio si è separato, insieme a lui ho cercato aiuto nella nostra parrocchia e abbiamo ricevuto un completo rifiuto. Non solo dal parroco ma anche dai suoi sottoposti. Ci siamo trovati davanti un muro e, per quanto mi riguarda, è stata una rottura definitiva. Ho trovato nell’associazione Figli Liberi, che lavora insieme a Famiglie Separate Cristiane, quell’appoggio che avrei dovuto invece ricevere dalla parrocchia».

Le norme della Chiesa Cattolica prevedono che chi è separato e riconiugato non possa fare la Comunione, mentre chi rimane fedele al vincolo del matrimonio anche dopo la separazione può. «Non è tanto il problema della comunione - dice Fabio B. - bensì quello di essere accettati per ciò che si è, di far capire alla Chiesa che noi separati possiamo portar loro la testimonianza di qualcosa che non conoscono. La rigidità ormai non serve più visto che le famiglie separate sono quasi la metà del totale, è tempo di dialogo».