Milano, 13 aprile 2010 - Il pm Tiziana Siciliano insieme alla collega Grazia Pradella sostengono l’accusa al processo con al centro le operazioni inutili effettuate per ‘gonfiare in rimborsi’ alla clinica Santa Rita di Milano.

 

In uno dei passaggi della requisitoria iniziata oggi a Milano è stato sottolineato come il proprietario della clinica Santa Rita si comportasse da "padrone delle ferriere’’ e come lo scopo della clinica, definita una ‘impresa’, fosse quello di ‘’produrre un guadagno ed era irrilevante curare la gente’’. Questa mattina, dopo un lungo excursus legislativo per inquadrare le norme che regolano il servizio sanitario nazionale, nell’aula bunker vicino al carcere di San Vittore, il pm Siciliano ha cominciato ad entrare nel merito della vicenda che ha coinvolto nove medici, compreso l’ex primario della chirurgia toracica (Pier Paolo Brega Massone) e i suoi due aiuti (Fabio Presicci e Marco Pansera) arrestati nel giugno del 2008 insieme ad altri otto.

 

I tre medici insieme a quasi tutti gli imputati (ora in libertà) erano presenti in aula. Le accuse mosse a vario titolo sono di truffa ai danni del Ssn, falso e lesioni gravi e gravissime. Il pubblico ministero nell’introdurre l’attivita’ di quella che fu definita la ‘clinica degli orrori’ ha sottolineato che ‘’il quadro che le indagini hanno evidenziato è totalmente difforme da ogni nostra immaginazione ed è il brodo cultura dei comportamenti illeciti’’ che verranno affrontati nella requisitoria, destinata a proseguire per altre due udienze, il 20 e il 27 aprile.

 

Oltre a sottolineare la grande rilevanza delle intercettazioni, il pm Siciliano ha tracciato il quadro di quel che accadeva in clinica dove Francesco Pipitone, notaio e proprietario della struttura sanitaria, era il ‘’regista’’ di tutto ciò che accadeva e ‘’si circondava solo di fedelissimi’’. Infatti, ‘’l'unica volontà che contava - ha proseguito - era quella del notaio Pipitone e in questa casa di cura la priorità era la capacità produttiva’’.
 

Il magistrato, usando il ‘’colorito eloquio’’ di una conversazione intercettata nella quale parla la dottoressa Arabella Galasso, ha messo in luce che nei criteri di selezione dei dirigenti delle unità operative si privilegiava i ‘’marcioni’’ e i ‘’banditi’’; inoltre, sempre citando l’intercettazione della dottoressa, valeva il principio che ‘’se si ampliava il parco macchine andava tutto bene’’, per asserire che i medici avevano il compito di ‘’portare i pazienti’’, percepiti sostanzialmente come fonte di guadagno economico.

 


Secondo la pubblica accusa, dal momento che gli stipendi erano ‘ancorati’ a rimborsi e prestazioni, e dunque sulla ‘produzione’, accadeva che, per dirla con le parole di Brega Massone, ‘’il chirurgo giovane puo’ diventare un po’ più aggressivo’’, frase di cui il pm ha sottolineato tutti ‘’i drammatici risvolti che ha avuto’’ e che sono stati messi in luce dalle indagini: pazienti operati anche quando non era necessario e che hanno subito inutilmente parecchie ‘sofferenze’ sia fisiche che psicologiche. Brega Massone, durante una breve pausa del processo, avvicinato dai giornalisti ha ribadito di avere sempre ‘’agito in buona fede’’.