Condoni edilizi: 96 milioni di arretrato

A oltre trent’anni dalla prima legge sul condono edilizio, (varata nel 1985 dal Governo presieduto da Bettino Craxi), a Milano restano ancora 25.384 domande da evadere per un valore di 96 milioni di euro di LUCA SALVI

Una ruspa al lavoro in un cantiere edile

Una ruspa al lavoro in un cantiere edile

Milano, 3 maggio 2016 - A oltre trent’anni dalla prima legge sul condono edilizio, (varata nel 1985 dal Governo presieduto da Bettino Craxi), a Milano restano ancora 25.384 domande da evadere per un valore di 96 milioni di euro: si tratta di circa un quinto rispetto al totale di quelle presentate negli ultimi tre decenni, che ammonta a 138.550. Il dato emerge da un approfondimento del Rapporto del Centro Studi Sogeea richiesto da Il Giorno. Un dossier che per la prima volta fa il punto su tutti i numeri: domande di condono edilizio presentate, istanze istruite e da evadere, introiti ancora da incassare. Lo studio è stato redatto reperendo i dati di tutti i capoluoghi di provincia e dei Comuni più piccoli. «Si può stimare che i mancati introiti per le casse del nostro Paese siano pari a 21,7 miliardi di euro – spiega Sandro Simoncini, direttore scientifico del Centro Studi e presidente di Sogeea – 96.205.360 dei quali a Milano città. Il dato si ottiene sommando quanto non incassato per oneri concessori, oblazioni, diritti di istruttoria e segreteria, sanzioni da danno ambientale».

Il capoluogo lombardo è secondo solo a Roma alla graduatoria delle istanze presentate (138.550), mentre non raggiunge il podio per il numero di quelle ancora da evadere (25.384, meno della capitale, di Palermo, Napoli e Bologna). Passando alle singole voci dei mancati incassi: 48,2 milioni sarebbero introiti di oblazioni (cifra da ripartire a metà fra Stato e Comuni), 31,7 milioni di oneri concessori, 9,6 milioni di diritti di segreteria e 6,6 milioni di diritti di istruttoria. Curiosità: il 79% delle istanze non evase (20.053) è stata presentata con il primo condono edilizio, la legge Craxi del 1985, il 12% (3.096) con quella Berlusconi bis-Tremonti del 2003, il 9% con quella voluta nel 1995 dal governo Dini.

Quattro scartoffie su cinque giacciono inevase da 5-6 lustri. «Portare a termine la lavorazione delle domande ancora inevase e incassare le spettanze rappresenterebbe per i Comuni come Milano una preziosissima fonte finanziaria – ha sottolineato Simoncini –. Considerando la consistenza dei tagli lamentata spesso dagli enti locali, le notevoli cifre di cui si è parlato potrebbero essere restituite ai cittadini sotto forma di servizi o, ancora meglio, impiegate per la messa in sicurezza del territorio». Secondo il Centro Studio Sogeea, circa il 30% delle oltre 25mila domande ancora da istruire darebbe luogo a un adeguamento della rendita catastale dei relativi immobili. Per i Comuni, un consistente aumento degli introiti derivanti ad esempio da Imu e Tasi. E innescherebbe un «volano virtuoso» in termini di lavoro per gli studi di ingegneri, architetti, geometri. luca.salvi@ilgiorno.net

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