Coca Cola, corsa contro il tempo per salvare 300 posti. I lavoratori: "Tagliate i costi, non le teste"

Nulla di fatto al tavolo sindacale per la crisi Coca Cola.L'appuntamento è rimandato a dopo il 29 agosto, a ridosso di quel 15 settembre che i vertici di Coca Cola Hbc Italia hanno fissato come scadenza per avviare la procedura di mobilità per 249 addetti del settore vendite, distribuiti in tutta Italia ma con un’alta concentrazione in Lombardia di Luca Zorloni

Un presidio lavoratori Coca Cola a Milano (Foto archivio)

Un presidio lavoratori Coca Cola a Milano (Foto archivio)

Milano, 31 luglio 2014- Nulla di fatto al tavolo sindacale per la crisi Coca Cola. La partita per salvare 300 posti di lavoro, dopo l'annuncio degli esuberi a metà luglio, è rinviata a fine estate e direttamente al ministero dello sviluppo economico. L'appuntamento è rimandato a dopo il 29 agosto, a ridosso di quel 15 settembre che i vertici di Coca Cola Hbc Italia hanno fissato come scadenza per avviare la procedura di mobilità per 249 addetti del settore vendite, distribuiti in tutta Italia ma con un’alta concentrazione in Lombardia (dove c’è la testa del gruppo) e per i 57 dipendenti degli uffici di Campogalliano, in provincia di Modena, che saranno chiusi. La trattativa in Assolombarda si è trascinata per un'intera giornata ma azienda e sindacati non sono riusciti a trovare una mediazione . I vertici di Coca Cola hanno tentato di premere l'acceleratore ma i sindacati hanno rispedito l'offerta al mittente. «Chiediamo altri strumenti — spiega Alberto Donferri di Uila Milano (il sindacato del comparto agroalimentare) —, come gli incentivi per le uscite volontarie e la ricollocazione all’interno del gruppo».

«Non si capisce qual è il fine di questa operazione — osservano i sindacati — e potrebbe non essere l’ultima». Di sicuro non è la prima: Coca Cola esce da tre anni di tagli, che hanno ridotto il personale del colosso delle bibite da 3.300 unità a 2.100. Ora la scure si abbatte sul reparto commerciale. «Così perdiamo la vendita diretta, l’azienda dovrà affidarsi a grossisti per andare sul mercato», lamentano i lavoratori. Nel mirino è finito anche lo stabilimento di Campogalliano: 57 impiegati a rischio, tre uffici, una serie di funzioni — dal servizio clienti alla fatturazione alla gestione qualità — che non saranno soppresse, ma ridistribuite. Alcune nella sede di Buccinasco, hinterland di Milano, altre in Bulgaria, dove, ricordano i dipendenti del Modenese, è stato assunto personale laureato in italiano. Ciò nonostante, sul sito dell’azienda sono pubblicate 13 offerte di lavoro. E i lavoratori puntano il dito contro i soldi spesi in sponsor e manifestazioni: «Tagliassero i costi, non le teste». 

 

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