Finazzer Flory: "Ci avevo già pensato nel 2010, un’Esposizione a misura di Bronzi di Riace"

"La questione va rovesciata. La molla non deve essere “i Bronzi per l’Expo”, ma “l’Expo per i Bronzi”. Nel senso che l’esposizione delle due sculture a Milano potrebbe avere un significato solo se inserita in un tema più ampio, profondo, di grande respiro" di Sandro Neri

I Bronzi di Riace

I Bronzi di Riace

Milano, 22 agosto 2014 - Inizia con un distinguo: «La questione va rovesciata. La molla non deve essere “i Bronzi per l’Expo”, ma “l’Expo per i Bronzi”. Nel senso che l’esposizione delle due sculture a Milano potrebbe avere un significato solo se inserita in un tema più ampio, profondo, di grande respiro. Ed è con quest’intento che quattro anni fa, da assessore comunale alla Cultura, avevo pensato di chiedere a Reggio Calabria quei capolavori in prestito». Per Massimiliano Finazzer Flory, attore e regista, il braccio di ferro col ministero ai Beni Culturali che impegna Roberto Maroni e Vittorio Sgarbi è storia già vissuta. Almeno in parte. «Viste le resistenze incontrate in Calabria, nella comunità locale prima ancora che con le autorità competenti, decisi abbastanza presto di accantonare l’idea. Di cui rivendico però la validità. Naturalmente, nel contesto in cui era nata. Quindi all’interno di un progetto di Expo molto diverso da quello che si è poi sviluppato. Col tema della nutrizione, i Bronzi di Riace c’entrano poco».

Andiamo con ordine. Come le era venuta l’idea di esporre le due sculture a Milano? «Avevamo vinto la sfida con Smirne per aggiudicarci l’Expo 2015 e avevamo iniziato a progettare alcuni eventi legati a quelli che potevano essere i grandi temi. Uno, quello dell’acqua, ci stava particolarmente a cuore. Era perché si parlasse dell’importanza di quest’elemento nei Paesi poveri che molti Stati africani avevano appoggiato la candidatura di Milano. Quindi provai a immaginare una grande mostra sul Mediterraneo».

Il mare che ha restituito i Bronzi. «Esattamente. Il Mediterraneo come entità che lega il nostro Paese a quelli che si affacciano sul bacino; il Mediterraneo come culla della civiltà, della Magna Grecia. Quindi come radice della nostra italianità. I Bronzi potevano incarnare il simbolo di una cultura nata intorno all’acqua e arrivata fino a noi. Anche Milano arriva da lì».

I Bronzi, però, sono rimasti in Calabria. «Avviammo i contatti, ci fu uno scambio di lettere. Mi fu spiegato che i reggini si erano opposti anche al trasferimento delle sculture alla Maddalena, per il G8 organizzato da Berlusconi. Scontentare l’opinione pubblica calabrese non aveva senso».

Ora la sfida è politica. «Sgarbi è un provocatore, lo sanno tutti. Meglio un provocatore, però, che il potere dei burocrati».

La battaglia è giusta? «Il mio progetto prevedeva un gemellaggio di Milano con Reggio Calabria e altre città da coinvolgere nell’organizzazione dell’Expo. In quella cornice, i Bronzi rivestivano una missione importante per la Calabria. Ora si rischia di trattarli come oggetti da vetrina. Della Calabria non importa a nessuno. Eppure bisogna parlarne. Lo farò in un ciclo di incontri in America, nei prossimi giorni, in vista delle recite del mio spettacolo su Leonardo. Nella mia Expo, oltre ai Bronzi, c’era anche lui». 

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