"La vita che sei", il primo libro di Barbara Pozzo: "Mio marito Ligabue? Il paziente numero uno"

La fisioterapista nata a Biella ha vissuto e lavorato 30 anni a Milano. Ora sbanca in libreria con "La vita che sei", una proposta di "24 meditazioni sulla gioia" nata sulla scorta del blog Somebliss di Daniele Monaco

Barbara Pozzo, moglie di Luciano Ligabue (foto Jarno Iotti)

Barbara Pozzo, moglie di Luciano Ligabue (foto Jarno Iotti)

Milano, 29 gennaio 2015 - «Milano è una città frenetica, ma anche qui è possibile trovare un angolo per meditare. I miei luoghi della pace sono i Navigli e corso Magenta». Barbara Pozzo, 49 anni, fisioterapista nata a Biella, milanese d’adozione e reggiana per amore, moglie del cantante Luciano Ligabue, è l’autrice del libro “La vita che sei” (Bur), uscito a settembre e già arrivato alla sesta ristampa. Trampolino di lancio è stato il blog www.somebliss.com, aperto nel 2011, oltre 21mila iscritti su Facebook e notato anche da Rizzoli. Con i fan Pozzo dialoga online sui temi del benessere fisico-mentale e sul raggiungimento dell’armonia interiore. “La vita che sei“ è una proposta di “24 meditazioni sulla gioia“ frutto di 30 anni di esperienza come fisioterapista al Cto di Niguarda e all’Istituto dei tumori. Il primo incontro con il suo pubblico sarà stasera alle 18.30 alla Mondadori di piazza Duomo. «Più che emozionata sono felice», ammette.

Pozzo, da fisioterapista a guida spirituale? «Non sono affatto un guru, ma una compagna di viaggio. Sono i pazienti che fanno il primo passo verso il miracolo della guarigione, anche se forse idealizzano. Si sentono ascoltati».

Si può curare il corpo di un paziente e sentire la voce dell’anima? «Il corpo non mente mai. Senza generalizzare, un bruciore di stomaco può significare difficoltà di respirazione e quindi di apertura alla vita. Un dolore alle ginocchia la fatica di andare avanti, affrontare il futuro. Spalle contratte, un peso da sopportare. Quante volte ci sentiamo “sempre a pezzi” perché mente, cuore e corpo agivano separati? Guarire è ’tornare interi’».

Tre parole chiave del libro? «Consapevolezza di sé per capire l’Amore, che è la legge dell’universo. La Gratitudine verso “la vita che sei”».

Parafrasando suo marito: “chi si accontenta gode (così così)“? «No perché la gratitudine, come una bacchetta magica, apre le porte dell’abbondanza. Accontentarsi implica un’idea di carenza».

Quali zone di Milano preferisce? «I Navigli di giorno. Lì avevo lo studio professionale e ho ritrovato la mia dimensione di paese. Soprattutto amo corso Magenta, in particolare la tranquilla piazzetta davanti a Santa Maria delle Grazie e il chiostro del santuario dove si trovano quattro magnolie stellate».

Un segreto per non perdere le staffe nel caos di Milano? «Sta nella consapevolezza. Tirare il fiato anche solo per 10 secondi e respirare: si apre un canale d’ascolto che con l’allenamento diventa più aperto e fruibile».

Ha conosciuto 12 anni fa Ligabue grazie al suo lavoro? «Mi chiamarono per sostituire il suo fisioterapista. Come “paziente” numero uno mi ha incoraggiato con il libro».