Azienda cacciata da Expo: "Legami con la malavita". Ma il Tar blocca il divieto

Stavolta il verdetto - provvisorio, è bene sottolinearlo - del Tribunale amministrativo riguarda il provvedimento restrittivo emesso il 10 marzo scorso dalla Prefettura contro Sideco srl, azienda edile con sede a Corsico titolare di un subappalto da 400mila euro della Piastra di Nicola Palma

MILANO ARCHIVIO DOMANI ASSESSORE FAVA VISITERA IL CANTIERE EXPO FOTO NEWPRESS

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Milano, 19 maggio 2015 - Siamo solo al primo round della battaglia legale, ma la bocciatura del Tar è destinata a far discutere. Come sempre accade quando di mezzo ci sono le interdittive antimafia e i cantieri delle Grandi Opere. Stavolta il verdetto – provvisorio, è bene sottolinearlo – del Tribunale amministrativo riguarda il provvedimento restrittivo emesso il 10 marzo scorso dalla Prefettura contro Sideco srl, azienda edile con sede a Corsico titolare di un subappalto da 400mila euro (così risulta dalle tabelle Excel disponibili sul database OpenExpo) per i lavori sulla cosiddetta Piastra del sito dell’Esposizione universale. Un provvedimento notificato poco più di due mesi fa a seguito della relazione del centro operativo di Milano della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) datato 14 gennaio 2015 e della successiva informativa del 12 febbraio inoltrata dal Servizio analisi criminale del Dipartimento di Pubblica sicurezza del Viminale. I report parlano chiaro.

Da lì prende le mosse l’alt di corso Monforte, fondato, secondo quanto ricostruisce il Tar, sulla «sostanziale continuità di tutte le operazioni poste in essere dalla società ricorrente rispetto alla precedente gestione facente capo a Pietro e Federico Cerullo» nonché «sui reati contestati a Pietro Cerullo, padre dell’amministratore unico e socio di maggioranza della società, ritenuto dalla Prefettura “soggetto molto vicino agli ambienti criminali e contiguo alla cosca della ’ndrangheta Sergio-Morabito (Sergi-Morabito in realtà, ndr)”». Contestazioni ribaltate punto per punto dal collegio presieduto da Silvia Cattaneo. Vediamo come. Innanzitutto, secondo i giudici, «l’atto impugnato pare illegittimo in quanto l’amministrazione (la Prefettura, ndr) ha travisato il presupposto di fatto inerente alla recente attività criminale del signor Pietro Cerullo, indicandolo erroneamente quale soggetto implicato nell’ordinanza di custodia cautelare n. 41489/07 (operazione Parco Sud, ndr) emessa dal gip del Tribunale di Milano». In secondo luogo, «pare inidoneo a configurare la circostanza del potenziale condizionamento mafioso il mero rapporto di parentela tra i due soci della società colpita dall’informativa e un soggetto ritenuto vicino alle cosche, senza che siano evidenziati gli elementi di fatto indicativi dell’attuale ingerenza nell’attività societaria del presunto referente mafioso (che, per giunta, risulta deceduto nel 2009)».

Quindi, considerato che Sideco srl «risulta esposta al grave e irreparabile pregiudizio di dover sostanzialmente cessare la propria attività (ordine di servizio diramato da Italferr l’11 marzo, ndr)», il Tar opta per la sospensiva cautelare «ai fini di un riesame, da parte dell’amministrazione, dell’attuale relazione tra le decisioni aziendali della società ricorrente e il condizionamento su di essa eventualmente esercitato da soggetti facenti capo alla criminalità organizzata». Appuntamento in aula per l’udienza di merito del 7 ottobre.

di Nicola Palma

nicola.palma@ilgiorno.net

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