Apparecchi medici da donare, in Regione è scontro. «Rischio mercato parallelo»

Al Pirellone la maggioranza si spacca sulle nuove regole per dismettere le vecchie attrezzature degli ospedali. Ncd all’attacco: "Sbagliata la possibilità di vendere, così si penalizzano le onlus e le associazioni no profit" di Giulia Bonezzi

Gli Ospedali Riuniti di Bergamo: dopo il trasferimento al Giovanni XXIII sono rimaste 27 mila attrezzature

Gli Ospedali Riuniti di Bergamo: dopo il trasferimento al Giovanni XXIII sono rimaste 27 mila attrezzature

Milano, 8 ottobre 2014 - La partita, tutt’altro che marginale, è quella dei beni mobili - arredi ma anche costose apparecchiature biomedicali e informatiche - dismessi dagli ospedali lombardi, e del loro riutilizzo a fini umanitari, in Italia e all’estero. Su questo, stamattina, la maggioranza che governa la Regione Lombardia si è spaccata durante la commissione Sanità del Pirellone che valutava i nuovi criteri stabiliti dalla Giunta. Il parere, positivo, è passato ai punti, coi voti contrari del Nuovo Centrodestra e dei consiglieri Maria Teresa Baldini (ex Lista Maroni, ora gruppo misto) e Mario Barboni, mentre il partito di quest’ultimo, il Pd, si è astenuto al pari di Patto civico e Cinquestelle. Nel mirino dei dissidenti c’è una possibilità introdotta il 12 settembre: quella di vendere le attrezzature invece di donarle.

Un passo indietro. Sulle donazioni di attrezzatura ospedaliera dismessa a onlus e associazioni - con annesso risparmio, per le aziende pubbliche, dei costi di smaltimento - la Lombardia è stata pioniera, introducendo questa possibilità per legge regionale nel 2001. E tuttavia l’operazione non ha mai funzionato benissimo. Dopo i primi anni di sostanziale immobilità, nel 2007 la gestione del progetto chiamato “Dall'ospedale agli ospedali” è stata affidata al Biteb: Banco informatico tecnologico biomedico, una onlus afferente alla galassia della Compagnia delle Opere che ha sviluppato un sito internet apposta. Il bando è scaduto a marzo 2014 e non è stato rinnovato, perché, nel frattempo, la Regione ha deciso di abrogare la vecchia legge, considerata troppo rigida e farraginosa, e sostituirla con una nuova. In polemica anche col Biteb, che sosteneva di aver assegnato, dal 2008, 22.551 beni per un valore di 11 milioni di euro; mentre a Palazzo Lombardia risultava che, dei circa 21 mila oggetti donati attraverso il portale fino al 2013, circa 19 mila fossero di scarso valore (ad esempio vestiario), e, dei restanti duemila, solo 812 fossero vere e proprie attrezzature mediche, di cui 184 letti. Inoltre, la destinazione prioritaria a progetti di onlus e associazioni all’estero secondo Palazzo Lombardiasi era rivelata un freno, per i costi di trasporto. Il caso di scuola è considerato quello di Bergamo: dopo il trasferimento al nuovo Papa Giovanni XXIII, nei vecchi Ospedali Riuniti languono da quasi due anni circa 27 mila beni inventariati per la dismissione, tra i quali 15 sale operatorie complete. Una palude burocratica sbloccata solo a febbraio 2014 dal Consiglio regionale, che ha autorizzato la donazione diretta, per la gioia di decine di associazioni che avevano fatto richiesta.

E che adesso, tuttavia, secondo i consiglieri “frondisti” rischiano di restare a bocca asciutta, proprio a causa della nuova disciplina chiamata a regolamentare meglio le donazioni. La legge approvata quest’anno ha semplificato le procedure per dismettere le attrezzature mediche ancora funzionanti e libere da vincoli contabili, e allargato la platea di chi può dare (aziende sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private) e di chi può ricevere (enti pubblici, organizzazioni o enti non governativi riconosciuti a livello nazionale, enti ecclesiastici, organizzazioni del Terzo settore iscritte nei registri regionali, rappresentanze diplomatiche in Italia o all’estero, Croce Rossa). Nel mirino ci sono le regole per applicarla, approvate dalla Giunta Maroni il 12 settembre. Il percorso prevede, per prima cosa, la valutazione e la certificazione dello stato di un bene da parte dell'azienda che decide di dismetterlo. Se non è riutilizzabile, deve classificarlo come rifiuto per lo smaltimento e può valutare la cessione diparti di ricambio. Se il bene è riutilizzabile si aprono tre strade. La prima: donarlo direttamente, rispettando criteri stabiliti dalla legge. La seconda: farsi aiutare dalla Regione, che istituirà un comitato di funzionari per gestire la piattaforma web dove si incrociano domanda e offerta e fare i controlli, verificando l’utilizzo effettivo dell’attrezzatura assegnata. La terza: “Procedere alla sua vendita per il residuo valore”.

«Ma la gara pubblica va bene solo se un’attrezzatura non è ammortizzata - tuona Angelo Capelli del Ncd -. Altrimenti a bilancio ha valore zero, quindi un amministratore non rischia di produrre alcun danno erariale se la dona. Se si lascia anche l’opzione di metterla all’asta, si apre ad aziende che operano a scopo di lucro, e potrebbero comprarla a cifre irrisorie per poi sistemarla e rivenderla, realizzando ampi margini». Un risultato «in feroce contraddizione con l’obiettivo della legge, che è favorire le donazioni al volontariato, al terzo settore alle onlus». Il rischio lo vedono anche dall’opposizione: «Le indicazioni date dalla Giunta potrebbero introdurre un principio commerciale - dice Carlo Borghetti del Pd - che rischia di prevalere su quello umanitario». Il no-profit si troverebbe così a competere, in evidente svantaggio, con «un mercato milionario parallelo» delle apparecchiature mediche di seconda mano, chiarisce Capelli. Un mercato che potrebbe concentrare i suoi appetiti sulla mega-dismissione in corso a Bergamo. O su quelle, sempre di beni di valore, che potrebbero seguire all’ammodernamento di ospedali e pronto soccorso in vista dell’Expo, cui la Regione ha destinato 47 milioni di euro.

giulia.bonezzi@ilgiorno.net

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