Caso Antinori, gip: "No a sequestro embrioni perché non sono 'cose'"

Una coppia che, secondo le indagini, avrebbe acquistato 7 ovociti per tremila euro alla clinica Ginemed di Siviglia, in Spagna, dove il ginecologo romano sarebbe un collaboratore stabile

Severino Antinori (Newpress)

Severino Antinori (Newpress)

Milano, 30 giugno 2016 - Non possono essere sequestrati ai fini della confisca embrioni e ovuli perché non possono essere considerati "cose" mobili. E' quanto scrive il gip di Milano Ilaria de Magistris nel provvedimento con cui ha respinto la richiesta di sequestro preventivo avanzata dalla Procura di Milano del materiale biologico custodito presso la Clinica Matris di via dei Gracchi e appartenente ad una coppia che si era rivolta a Severino Antinori per avere un figlio con la fecondazione eterologa. Coppia che, secondo le indagini del pm Maura Ripamonti, avrebbe acquistato 7 ovociti per tremila euro alla clinica Ginemed di Siviglia, in Spagna, dove il ginecologo romano, agli arresti domiciliari dallo scorso 13 maggio con l'accusa di rapina di ovuli a una giovane infermiera spagnola, sarebbe un collaboratore stabile. Il discusso medico, infatti, è anche indagato, in un'indagine parallela avviata due anni fa, per traffico di gameti. 

Come si legge nel provvedimento del gip De Magistris, contro cui il pm Ripamonti ha fatto appello davanti al Tribunale del Riesame (per il 4 luglio è stata fissata l'udienza), la richiesta di sequestro ai fini della confisca "degli embrioni riconducibili alla coppia" e di "eventuali ovuli residui, non utilizzati per la fecondazione" va respinta. E non solo in base a una sentenza dell'agosto 2015 con cui la Corte di Strasburgo ha stabilito che "gli embrioni non possono essere ricondotti a rango di beni", ma anche perché "appartengono a persona estranea al reato". La coppia, infatti, sebbene secondo l'accusa avrebbe pagato gli ovociti (per la legge italiana devono essere solo donati), non è punibile. Lo è invece chi fa commercio di gameti, accusa contestata ad Antinori. 

La donna della coppia avrebbe dovuto sottoporsi al "transfer embrionario" (al prezzo di altri settemila euro) il 13 maggio scorso, proprio il giorno in cui il ginecologo è stato arrestato. Tra l'altro, sulla ricevuta allegata alla documentazione, con la quale i coniugi hanno chiesto la restituzione degli embrioni (facevano parte della mole di materiale biologico trovato dal Nas dei carabinieri nella clinica) e di cui il pm propone invece la confisca, veniva indicato che i tremila euro erano stati versati come una sorta di «costo di gestione» degli ovociti. Per gli inquirenti si trattava di una causale fittizia per nascondere il pagamento, anche perché in genere i cosiddetti "costi di gestione" ammontano a qualche centinaio di euro. Per il gip, tuttavia, si è trattato di "spese mediche necessarie alla donazione" e non del prezzo dell'acquisto. 

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