Mercoledì 24 Aprile 2024

Padiglioni esteri a Expo, via dai cantieri tre imprese in odore di mafia

Interdittive salite a 63. Bindi: «Esposizione fucina di buone pratiche»

Operaio al lavoro sul sito Expo

Operaio al lavoro sul sito Expo

Milano, 25 novembre 2014 - Una delle grandi incognite di quell’Esposizione Universale che si vuole «mafia-free» ha sempre riguardato i cantieri per la costruzione dei padiglioni dei Paesi esteri. Agli Stati partecipanti all’evento non può essere imposta l’adesione ai protocolli di legalità invece siglati in Prefettura per tutte le altre opere del 2015, dentro e fuori il sito di Rho. In assenza di obblighi, la firma dei protocolli è giocoforza affidata alla discrezionalità delle delegazioni: 7 per ora i Paesi che hanno deciso di sottoscriverli sui 53 che hanno scelto di costruirsi da se il padiglione. Da qui il piano B, reso noto da Rosi Bindi, presidentessa della Commissione parlamentare Antimafia, ieri riunita a Milano, proprio in corso Monforte, per una tranche di audizioni sul sempre delicato tema del contrasto delle infiltrazioni mafiose negli appalti del 2015.

«Su decisione del prefetto Francesco Paolo Tronca e del commissario unico Giuseppe Sala – spiega la Bindi – è stato chiesto ai Paesi ospiti di presentare la lista delle imprese che si sono aggiudicate i lavori per la realizzazione dei loro padiglioni». Non una facoltà, stavolta. Non un invito. Ma un obbligo (venerdì vi ha provveduto anche la Turchia). E ha già prodotto risultati. Come appreso a margine della seduta, tre imprese che erano riuscite a vincere i lavori per spazi espositivi esteri sono già state allontanate dai cantieri perché in odore di mafia. I tre appalti revocati sono relativi a lavori per i padiglioni di due Paesi Mediorientali. E in alcuni casi si tratta di imprese che avevano già tentato l’approccio con Expo: «Cacciate dalla porta, hanno cercato di rientrare dalla finestra» sintetizza Bindi. Gli allontanamenti non sono scattati sulla base di un’interdittiva del prefetto, atto che non avrebbe effetto sulle legislazioni estere, ma in seguito a circostanziate segnalazioni fatte pervenire ai responsabili dei padiglioni sempre da corso Monforte.

«Ora è questo il fronte sul quale vigilare» scandisce Franco Mirabelli, senatore del Pd, uno dei componenti la Commissione. «L’opera di prevenzione delle infiltrazioni mafiose svolta per l’Expo – prosegue Bindi – ci lascia una serie di buone pratiche che dovranno essere ripetute per altre grandi opere e altri grandi eventi». Tra le autorità che ieri hanno riferito di fronte alla Commissione, oltre a Sala, c’è anche Tronca. «Il prefetto – fa sapere ancora Bindi – ci ha informato che le interdittive antimafia sono ormai più di 60». Sono 63. Le ultime 7 sono state firmate l’altroieri e hanno colpito, di nuovo, aziende che si erano aggiudicate appalti per opere connesse o per i lavori di allestimento del sito. «I controlli funzionano – conclude la presidente dell’Antimafia – e non vanno a scapito dell’efficienza. Anzi, è grazie alla prevenzione che si evita di sperperare tempo e denaro».

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