Cardinal Martini, terzo anniversario della morte: "Sapeva ascoltare. E a tutti diceva sempre: sono l’amico dello sposo"

Le memorie dell’ex portavoce, monsignor Zappa. Lunedì la Santa Messa in Duomo a Milano di Luca Salvi

Carlo Maria Martini

Carlo Maria Martini

Milano, 30 agosto 2015 - «Un vescovo che si è lasciato incontrare dalla gente e la cui azione continua ancora oggi nella comunità ambrosiana». Monsignor Gianni Zappa, Carlo Maria Martini lo conosceva bene. Oggi assistente diocesano dell’Azione Cattolica e da due mesi decano nel centro storico di Milano, monsignor Zappa è stato per tanti anni portavoce dell’amatissimo cardinalemeneghino. Domani nonmancherà all’appuntamento in Duomo.

Come possiamo ricordareCarlo Maria Martini?

«È stata una figura poliedrica.Difficile sintetizzare i diversi aspetti del suo ministero episcopale. Martini è stato un vescovo che si è lasciato incontrare dallagente.Uno studioso che ha affrontato tuttele questioni chegli venivano proposte dalla gente che incontrava». Cosa ricorda dell’inizio del suo mandato? «Quando gli chiesero se preferisse essere chiamato “padre” o “pastore”, rispose: “l’amico dello sposo”. Perché il suo compito, diceva, era quello di accompagnare le persone nell’incontro al Signore, con discrezione. Non si sentiva unmaestro,mal’amico dello sposo, ovvero di Cristo».

La sua azione è ancora presente nella comunità ambrosiana?

«Moltissimo. Quello che è sentito è soprattutto il suo stile, da un lato fortemente rigoroso e dall’altro coinvolgente. Invitava sempregli altri a compiere dei passi e a nonlimitarsi a recepire concetti e idee. Voleva far vedere la Parola di Dio dentro nella vita di tutti i giorni».

Cosa ricorda del suo arcivescovado?

«Il suo impegno verso il mondo delle carceri. Andava a dialogare con i carcerati, con un’attenzione che non era pietà ma volontà di recuperare persone che pure avevano fatto del male. Inoltre, prima di lasciare la Diocesi, insieme al Comune diMilano ha istituito la Casa della Carità, un luogo che si rivolge agli ultimi non solo per assistenza e ospitalità, ma anche per offrire una possibilità di riscatto». Umanamente come era? «Uno che sapeva ascoltare. Non si effondeva in tantissime parole, ma era sempre attento alla gente. L’ho visto commuoversileggendolettere ricevute da persone che stavanomale e chiedevano aiuto».

Tettamanzi e Scola hanno proseguito la sua azione?

«Sì, ciascuno secondo il proprio stile e modo, in una linea di attenzione e confronto con gli ultimi. Tettamanzi ha istituito il Fondo Famiglia-Lavoro, Scola si impegna nell’accoglienza alle persone disagiate, come i profughi, e sul tema della casa». Martini è stato fautore del dia- logo tra le religioni. È ancora importante? «Direi fondamentale. Soprattutto oggi che i nostri vicini di quartiere e di casa sono persone di religioni e di confessioni cristiane differenti».

Martini come si sarebbe rapportato con l’Expo?

«Come il cardinale Scola. Avrebbe mostratogrande attenzione allamanifestazione, facendo in modo che il tema dell’Expo non sia separato dall’attenzione verso l’uomo». Qualierano i suoi luoghipreferiti per una pausa di relax? «Martini amava moltissimo andare in montagna. Trascorreva mezza giornata alla settimana a respirare l’aria delle Alpi. Partiva all’alba, un’ora di auto, e tornava per mezzogiorno. Aveva diversemete,ma preferiva le valli svizzere dove poteva concedersi un po’ di privacy». 

di Luca Salvi

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