Milano è la mia factory: la cantante Alexia e l'amore per la città

L’artista racconta il suo rapporto con la metropoli: dagli esordi negli anni Novanta con le cover al ritorno nel 2001 per registrare un disco. Poi l’incontro che le ha cambiato la vita con il compagno Andrea Camerana. "Brera è il quartiere che ho nel cuore" di MASSIMILIANO CHIAVARONE

Alexia (Newpress)

Alexia (Newpress)

Milano, 2 aprile 2016 - «Milano è la mia factory». Lo racconta la cantante Alexia. «Qui ho gettato le basi per il mio lavoro e la mia vita».

Basi solide?

«Sì, anche se le premesse erano di segno opposto. Sono arrivata qui per la prima volta nel 1990 con la mia band di allora per prendere parte a una convention. C'erano anche Giorgio Mastrota, Federica Panicucci e i fratelli Charlie e Gene Gnocchi. Con il mio gruppo facevamo le cover di pezzi famosi. Quella serata mi è rimasta scolpita nella memoria. Dopo aver suonato, lasciammo le chitarre nel furgone per andare a cena e al ritorno non le trovammo più».

Anzi, come si dice, ne trovaste il "doppio"...

«Appunto, anzi magari. Purtroppo tornammo in Liguria amareggiati. Ma rieccomi a Milano dopo circa dieci anni nel 2001 per registrare per la Sony, alloggiavo in via Muratori e la sera andavo sempre in una pizzeria gestita da pugliesi che mi trattavano come una di famiglia. Mangiavo benissimo, ma ahimè la mia "linea" era meno felice».

E poi la svolta con “Dimmi come” nel 2002. Lei stessa disse “Non sapevo di aver creato una bomba con questa canzone”.

«Quel pezzo è una scarica di adrenalina pura, mi ha come travolta e ha impresso una svolta alla mia vita, diciamo anche una “svolta milanese”. Avevo scelto di vestire Giorgio Armani e  lui stesso l’anno dopo mi invitò alla sua sfilata. Era prima di Sanremo a cui avrei dovuto partecipare  con “Per dire di no”. Dopo il suo show, andai a salutare Giorgio che mi chiese “E’ forte la canzone per Sanremo?”. Risposi di sì. E lui “Dai, dai, che ce la fai”. E infatti vinsi! Ma nella stessa sfilata conobbi anche il nipote di Giorgio, Andrea Camerana che poi mi invitò a cena con altre persone  da “Nobu”. Tra me e Andrea la simpatia fu immediata, ci scambiammo i contatti e incominciammo a sentirci. Alla fine di quel magico 2003 ci eravamo messi insieme».

A giudicare dai fatti, si è trasferita subito dopo a Milano?

«Sì, all’inizio del 2004. Abitavamo in San Babila. Andrea mi ha aiutata a conoscere e fare anche miei i ritmi milanesi. L’anno dopo ci siamo sposati, nel 2007 è nata la nostra prima figlia Maria Vittoria e nel 2011 è arrivata Margherita. Andrea mi ha come riportata alla vita. Prima ero considerata la “gallina delle uova d’oro” e le mie giornate erano scandite solo da date di concerti e serate. Non sapevo più dove fosse Alessia. Mio marito mi ha restituita a me stessa e mi ha dato una dimensione umana».

Lui stesso lavorava per l’azienda dello zio, poi ha lasciato.

«Sì era nel 2013. Andrea aveva capito che c’era qualcosa che non andava nella sua salute. Aveva dei ritmi lavorativi molto intensi. Ha preferito rinunciare a tutti gli incarichi. Dopo un anno sabbatico ora ha una sua attività, ma è come se lavorassimo insieme, perché condividiamo lo stesso ufficio che è il nostro quartiere generale in via Nino Bixio. Anche io ho deciso, infatti, di lasciare le case discografiche e produrre da sola i miei dischi».

Qual è la zona di Milano che preferisce?

«Brera, con alcune vie così caratteristiche, a metà tra il borgo e le strade eleganti, come la via San Carpoforo. Questo quartiere mi è caro anche perché ogni volta che mia madre viene a trovarmi da La Spezia, va in uno dei negozi di Brera per acquistare tele e colori e poi si mette sul terrazzo della mia casa milanese e dipinge Milano vista dall’alto, con i suoi tetti, i pinnacoli del Duomo, le sue architetture  del passato che convivono con quelle contemporanee. Brera è così piena di arte, con i suoi palazzi e gli studi di alcuni pittori, oramai purtroppo molto pochi».

Milano dunque per lei cos’è?

«E’ una città che mi ha insegnato ad accettare me stessa per quello che sono, non devo dimostrare niente a nessuno. E poi Milano mi ha fatto conoscere anche Giorgio Armani e la sua milanesità, anche se è di origini piacentine. Quella milanesità che è orientata sempre a trovare soluzioni e che bada ai dettagli. Proprio Giorgio sulla cura dei particolari ha costruito un impero».

C’è anche Milano nei suoi dischi?

«Sì, soprattutto nell’ultimo “Tu puoi se vuoi” che ho concepito e realizzato per intero a Milano. Ecco con questo disco ho capito che devo delegare di meno ed essere più presente in tutte le fasi dei miei progetti. Perché in loro ci sia sempre l’Alexia che conosco».

di MASSIMILIANO CHIAVARONE

mchiavarone@gmail.com

 

 

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