Alessandra, uccisa dalla meningite. I medici: vaccinate i vostri bambini

Il primario Zuccotti: raro ma letale. Chiamate all’Ats per la terapia

Alessandra Covezzi, 24 anni

Alessandra Covezzi, 24 anni

Milano, 30 luglio 2016 - Una decina di telefonate, e qualcuno si è presentato di persona all’Agenzia di tutela della salute, per chiedere se fosse il caso di fare la profilassi contro il meningococco C che martedì ha ucciso Alessandra Covezzi. Non panico, ma la preoccupazione di persone che avevano incontrato la ricercatrice della Statale. Prima, però, dei dieci giorni d’incubazione del batterio: i «contatti» sotto terapia si sono fermati a una sessantina.

Il male che ha stroncato un’ex nuotatrice di 24 anni in poche ore «fortunatamente non è dei più frequenti», spiega Gian Vincenzo Zuccotti, infettivologo e primario della pediatria del Buzzi–Sacco, ma è dei più letali. In Italia si contano circa 200 casi l’anno di infezione da meningococco (responsabile della meningite batterica, più pericolosa di quella virale), quasi metà in bambini sotto i dieci anni. «Sono molto pericolose - chiarisce il professore - perché hanno un’evoluzione drammatica e rapidissima: molte volte passano meno di 24 ore dai primi sintomi che sono comuni, come febbre e mal di testa, al momento in cui si manifesta il quadro settico, con petecchie ed ecchimosi sul corpo. A quel punto il margine d’intervento è veramente ridotto». L’esito, spesso infausto: la morte, o danni neurologici, o necrosi che comportano amputazioni. Per il meningococco C c’è il vaccino: si fa insieme alla prima dose di trivalente (morbillo-parotite-rosolia), ai bimbi tra i 13 e i 15 mesi, e a Milano la copertura, spiega Marino Faccini, responsabile malattie infettive dell’Ats Metropolitana, «è intorno all’80%». In Lombardia il vaccino è gratis fino ai 18 anni e per alcune categorie a rischio, ed è consigliato a chi viaggia in Paesi in cui l’infezione è più diffusa. La quadrivalente A - W135 - C - Y è indicata per l’Africa subsahariana, la cosiddetta «cintura della meningite» che l’attraversa dal Senegal all’Etiopia, in cui è più diffuso il tipo A; per gli Usa si aggiunge la protezione dal meningococco B, che, insieme al C, è il più comune in Italia. «E attendiamo che il B sia inserito nel prossimo piano nazionale vaccini», spiega Zuccotti, per partire con la somministrazione a tappeto.

«È importante vaccinare i bambini intorno all’anno, consigliabile per gli adolescenti, anche un richiamo se vanno all’estero»: sono le popolazioni più colpite dal meningococco, ma la copertura protegge tutti. Il contatto col batterio, infatti, non scatena automaticamente l’infezione: «Di solito le nostre difese riescono a contrastarne l’ingresso. In altri casi un soggetto diventa portatore sano: il suo organismo lo tiene sotto controllo, ma può diffonderlo ad altri». E non è del tutto noto perché, in pochi casi, il germe dalle vie aeree riesca a passare nel sangue, arrivando al cervello (meningite) o a tutti gli organi (sepsi, quella che ha ucciso Alessandra): «A volte si tratta di soggetti asplenici, cioè che non hanno la milza, senza saperlo, o con difetti immunitari; in altri casi le cause sono meno chiare». Le conseguenze, invece, quasi sempre drammatiche. Tra i vaccini quelli da meningococco, chiarisce l’infettivologo, stanno all’antinfluenzale come un giubbotto antiproiettile alle cinture di sicurezza: più difficile averne bisogno, ma in quel caso è praticamente l’unica salvezza.

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