Albertini in campo per Passera «A Milano serve un manager»

La prossima primavera Milano sarà tra le città che torneranno alle urne per le elezioni amministrative. Rispetto alla tornata che ha consegnato Palazzo Marino a Giuliano Pisapia il quadro politico e sociale è profondamente mutato. Anche rispetto a scenari non solo cittadini. Che sindaco si aspettano i milanesi? Lo chiediamo, con uscite cadenzate, a personaggi della vita pubblica, del mondo economico e della cultura. di Sandro Neri

Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano

Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano

L’IRONIA del personaggio è nota. E lui non si sottrae all’immagine. E, anzi, rilancia, affidando il primo concetto a una perfetta imitazione vocale dell’avvocato Gianni Agnelli. «A chi gli chiedeva: lei che ha avuto così tante esperienze, che ha conosciuto mondi diversi, di che cosa è orgoglioso? E lui, grande imprenditore, rispondeva: mi rende orgoglioso la qualità dei miei collaboratori». Parole che Gabriele Albertini, senatore, sindaco di Milano per due mandati, dal 1997 al 2006, sottoscrive anche oggi, forte dell’esperienza vissuta a Palazzo Marino. «Da sindaco ho avuto il privilegio di trovare persone più brave di me, cioè davvero competenti nel proprio ramo. E, volendo ricorrere ancora alle parole di Agnelli, mi piace ricordare che alla guida di un Comune come di una grande impresa non può esserci un genio totalitario e solo, ma una grande squadra. E questo trovo che oggi valga in particolar modo per Milano».

Lei, negli anni a Palazzo Marino, si definiva un «amministratore di condominio». È una figura come questa che auspica per la Milano dell’anno venturo? «Il mio identikit del prossimo sindaco corrisponde al profilo di Corrado Passera, che peraltro è al momento l’unico candidato ufficiale alle amministrative di primavera».

Gli sta tirando la volata? «Sto dicendo cosa serve a Milano. Il sindaco, in una città come questa, ha molteplici funzioni e responsabilità. È paragonabile a un ministro, per certi versi, a un ad per altri. L’ad, più che il presidente, di una grande impresa di servizi. E Milano, contando le partecipate e le controllate, è un’azienda da 40.000 dipendenti».

Da qui la scelta di un puntare su un manager... «Però attenzione. Un elemento determinante è la proiezione diretta dei cittadini sul primo cittadino. Io ricevevo 25.000 lettere all’anno (e non c’era ancora l’esplosione di Internet). Tutte persone che esprimevano così i loro bisogni. Ricordo una lettera, straziante e bellissima insieme, di un uomo che stava per togliersi la vita e scriveva a me per affidarmi la sua famiglia. Passera ha la caratura del manager, la capacità di svolgere mansioni istituzionali (è stato anche ministro), deve però dimostrare di saper attrarre intorno a sé grande consenso. Dimostrare di avere un’empatia con la comunità. Sono certo che lui saprà amministrare benissimo, vediamo se saprà risultare altrettanto convincente in campagna elettorale».

Forse c’è anche un problema di alleanze. «È evidente che a Corrado, candidato civico, serva l’appoggio di qualche partito. In particolare dell’area del centrodestra. E con la crisi in cui versa questa parte politica non è facile. Certo, c’è la Lega di Matteo Salvini...».

Salvini, dalle pagine di questo giornale, ha escluso un’allenza con Passera. «Considerato il peso che in questi giorni hanno avuto i voti di Area Popolare in Regione Lombardia, per salvare la giunta, credo che Salvini dovrebbe fare una riflessione».

Poi c’è il centrosinistra. Che, se dovesse scegliere Giuseppe Sala, schiererebbe a sua volta un manager. «Giuseppe Sala, ad di Expo, ha un problema: da candidato civico come può partecipare alle primarie del Pd? Certo, se il Pd rinunciasse alle primarie, allora anche il centrodestra dovrebbe puntare su un candidato civico. E quindi dovrebbe coalizzarsi intorno a Passera. Sarebbe sicuramente un bel match».

Lei come vede oggi Milano? «Meglio di come viene percepita dai detrattori della milanesità. Viviamo un momento positivo. Ci sono investimenti da tutto il mondo, un cambiamento che dura da 15 anni e che costituisce un marketing urbano strepitoso. Abbiamo conservato il reddito procapite più alto d’Italia. Certo, si può fare di più. Chi si troverà a guidare Palazzo Marino dovrà valorizzare il percorso già avviato e risolvere alcuni problemi».

Per esempio? «Parliamo di traffico e inquinamento. La mia giunta spese 93 milioni, di cui 23 ricevuti dall’Ue, per varare il sistema intelligente di controllo del traffico che funziona anche oggi. Una cifra importante: il restauro della Scala è costato 56 milioni... Il mio suggerimento è che venga ora attuata la seconda parte del progetto di allora, accantonata prima per l’Ecopass, poi per l’Area C. E cioè il road pricing, il prezzo della strada. Significa far pagare l’ingresso in città a chi non ci risiede e che, se decide di arrivare in macchina, accetti l’onere di un pedaggio come succede in autostrada. Da 5 euro in su, a seconda delle dimensioni e della tipologia dei veicolo. E a prezzi differenziati a seconda del momento dell’accesso: elevati nelle ore di punta, moderati in quelle di minore affluenza, nulli di notte o nei giorni festivi. Il prezzo della strada commisurato alla domanda di utilizzo. Avevamo calcolato introiti sufficienti ad acquisire un chilometro di metropolitana all’anno: 120 milioni di euro solo già i primi dodici mesi. E sicuramente avremmo ridotto i volumi di traffico più e meglio di Area C. Spero di vedere un cambiamento anche su questo fronte».

Sarebbe disponibile a entrare nella squadra di Passera? «Se me lo chiedesse e fosse lui il candidato federatore delle forze di centrodestra, gli darei tutto l’aiuto di cui sono capace, durante la campagna elettorale e dopo l’elezione». sandro.neri@ilgiorno.net

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