Tromba d'aria a Trezzo, a un anno dal tornardo i più piccoli hanno chiuso

Un anno fa la zona tra Trezzo, Grezzago, Vaprio e Trezzano Rosa fu investita da una tromba d'aria che provocò ingenti danni di Monica Autunno

I danni della tromba d'aria del luglio 2013 (Newpress)

I danni della tromba d'aria del luglio 2013 (Newpress)

Trezzo sull'Adda, 27 luglio 2014 - Ciò che è rimasto nei cuori è il terrore del cielo scuro. Del caldo estivo quando diventa anomalo, torrido. Del vento e di un temporale. Negli occhi, invece, sono rimaste le immagini di un anno fa. Tir e auto rovesciati sui piazzali. Tetti volati via. Ovunque vetri, rottami, macerie. Lamiere appese ai cavi dell’alta tensione, come lenzuola ad asciugare. Un cane portato chissà dove con la catena e la cuccia. Decine di feriti e contusi. Erano le cinque di pomeriggio del 29 luglio 2013, quando fra Trezzo, Grezzago, Vaprio e Trezzano Rosa la tromba d’aria spazzò un corridoio largo trecento metri, distruggendo quanto c’era nel mezzo. Le immagini di ieri, le immagini di oggi. Molto di ricostruito: grazie alla volontà di ripartire, alla tenacia imprenditoriale, al sostegno di una clientela fedele. Ma per tanti imprenditori danneggiati è ancora stand by o è stata serrata.  

Lo raccontano i capannoni abbandonati, i lavori mai eseguiti. Perchè aiuti, qui, ne sono arrivati ben pochi. Possiamo dire anche nessuno. Lo confermano i sindaci dei due Comuni più colpiti, Grezzago e Trezzo, che conteggiarono nelle due zone artigianali danni per dieci, dodici milioni. Fra le macerie, nei giorni successivi al disastro, camminarono il governatore della Lombardia Roberto Formigoni, il presidente della Provincia Guido Podestà, il Ministro Flavio Zanonato. Era l’8 agosto quando fu inoltrata la richiesta di stato di calamità: i moduli per la fotografia di ogni azienda danneggiata, corredati di voci, perizie, foto, numeri, erano stati raccolti a tempo di record, in piena estate.  «Proprio in questi giorni mi sono informato in Regione sullo stato della pratica - così il sindaco di Trezzo Danilo Villa - ma non ci sono notizie. La dice lunga sull’attenzione che ci riservano dalla Capitale». Rincara il collega Vittorio Mapelli: «Ci sono state promesse, ma poco o niente è stato mantenuto. Anche noi Comuni abbiamo avuto danni, esborsi. Esiste solo uno stanziamento provinciale per rifare l’illuminazione danneggiata».  

La Gras Calce di Trezzo inalberò lo sgradito vessillo di regina dei danni: 6 milioni e mezzo di euro, una rovina. «Non vogliamo carità, siamo aziende pulite, volenterose - disse allora l’ad Giuseppe Cereda - : ma aiutateci a ripartire». Oggi è ricostruito il capannone centrale scoperchiato, con la nuovissima copertura in pannelli fotovoltaici. L’azienda trezzese si propose come capofila delle ditte danneggiate, oltre una trentina. Ma una vera cordata, non si creò mai. Le speranze di aiuti statali e tavoli tecnici sovracomunali erano già dissolte in settembre. «Noi ce l’abbiamo fatta - spiega il consulente finanziario Claudio Brambilla - perchè, da azienda solida, conosciuta, potemmo contare su un cospicuo aiuto iniziale delle banche. Denari restituiti con profumati interessi ma che ci consentirono di ripartire». Non solo: «Ci hanno aiutato i clienti, che non ci hanno abbandonato. Ma prima di tutto ci siamo aiutati da soli. Nell’agosto dopo il disastro in tanti rinunciarono alle ferie. Avevamo bisogno di carrellisti, operai, per rimuovere i rottami: si misero tutti a disposizione».