Sabato 20 Aprile 2024

"Spacciavo per sentirmi uguale agli altri", storie di ex ragazzi cattivi

In un libro l’esperienza della comunità Kayròs di Vimodrone, fondata nel 200 da don Claudio Burgio. I percorsi dei giovani che incontra e aiuta sono spesso pieni di ostacoli di Alessandro Sarcinelli

INSIEME Autori e protagonisti del libro. Sotto don Burgio e un’attività all’interno  di Kayròs

INSIEME Autori e protagonisti del libro. Sotto don Burgio e un’attività all’interno di Kayròs

Vimodrone, 21 dicembre 2014 - Primo, terzo, quarto mondo, fa poca differenza. La criminalità s’incontra dappertutto: a Mirabello periferia di Pavia come a Calì, regno colombiano dei narcotrafficanti. E alle filiere criminali per andare avanti servono soldati che non abbiano paura. Se ti mettono in mano la prima pistola o il primo panetto di hashish quando hai solo 11 anni, per scacciare via la paura ti dimentichi presto di essere un bambino. Spesso sono gli adulti a fartelo dimenticare. Ma a Vimodrone c’è un adulto che prova a far fare a questi ragazzi il percorso inverso. Tornare ad essere bambini prima e diventare adulti poi. È don Claudio Burgio, ha 45 anni e da quasi 15 ospita centinaia di ragazzi e indica loro una strada diversa rispetto a quella criminale: «Gli adolescenti che hanno già conosciuto il carcere devono innanzitutto provare a raccontarsi. È importante che inizino un percorso di rielaborazione della propria storia, da lì è naturale che si apra un desiderio per un futuro diverso. Il mio compito è aiutarli in questo percorso», racconta don Claudio.

Nel 2000 ha fondato la comunità Kayròs a Vimodrone. Negli anni sono state aperte altre sedi a Milano, Cinisello, Segrate. Poi nel 2007 nasce un progetto specifico di accoglienza per ragazzi italiani e stranieri con procedimenti penali in corso. L’obiettivo è inserire il minore in una situazione di «normalità» lontano dalla criminalità. Per fare questo si cerca di investire nel reinserimento scolastico e nella formazione professionale sfruttando le risorse del territorio. Ma i percorsi da affrontare sono spesso pieni di ostacoli: «La voglia di un futuro diverso rischia di spegnersi rapidamente perché sono persone fragili. Il momento più delicato è il passaggio dalla vita di comunità alla vera propria libertà», afferma il prete milanese.

Massimiliano sta attraversando questa fase: 19 anni, braccia completamente ricoperte di tatuaggi e faccia ancora da bambino senza nemmeno un accenno di barba, cinque anni fa ha iniziato a spacciare fumo; all’inizio per conto di due calabresi con il doppio dei suoi anni, poi ha continuato in proprio con la Ketamina e l’Md. È stato arrestato nel 2011. Dopo sette mesi nel carcere minorile Beccaria, è stato mandato a Vimodrone da don Burgio. Ora è tornato a Pavia, dove tutto era cominciato: «E non sono contento, preferivo stare in comunità. Ma non voglio tornare. Mi sto cercando un lavoro, per ora con pochi risultati. Il mio futuro è ancora grigio». Max non ha finito il suo percorso ma ha capito tante cose: «Spacciavo per essere uguale agli altri ragazzi. Era l’unico modo per potermi comprare i vestiti che la mia famiglia non ha mai potuto permettersi. Se non avessi fatto tutti i miei errori, forse adesso starei ancora a rincorrere l’iPhone 6». La sua storia e quella di altri sei adolescenti è raccontata in «Ragazzi cattivi» da don Burgio e dal regista televisivo Domenico Zingaro. Cattivi ragazzi italiani, cileni, colombiani, marocchini con un pezzo di vita insieme a Vimodrone. Tutti hanno avuto il coraggio di raccontarsi, perché, come dice Max, «le persone che ci vedono solo come delinquenti devono conoscere le nostre storie».

di Alessandro Sarcinelli