Trezzano Rosa, sei proiettili in busta al manager: era solo uno scherzo

Denunciati due amici della vittima per procurato allarme

Prima di scoprire la verità sul caso i carabinieri hanno messo a soqquadro l’azienda

Prima di scoprire la verità sul caso i carabinieri hanno messo a soqquadro l’azienda

Trezzano Rosa (Milano), 8 maggio 2016 - Proiettili per il manager, ma era solo uno scherzo. Due impiegati denunciati per procurato allarme. È cominciato tutto giovedì di buon mattino con una busta infilata nella porta dell’ufficio. Sopra, il nome del capo del personale. Trezzano Rosa, fabbrica di metalli di un’importante Spa. Il destinatario apre la missiva, dentro ci sono sei ogive calibro 7.65. Suda, trema, gli prende quasi un colpo. Esce di corsa e raggiunge la caserma di Vaprio, per raccontare tutto subito ai carabinieri e ottenere protezione.

Sporge denuncia, scattano le indagini. Gli investigatori passano al setaccio i suoi rapporti personali e di lavoro. La vita del dirigente viene scandagliata in poche ore. Si mettono a fuoco tutte le situazioni critiche, partono le verifiche incrociate. Moventi, alibi, andirivieni dei sospetti. Nulla viene lasciato al caso. Ci si chiede chi possa essere arrivato a tanto. Viene stilata una lista di licenziati e licenziandi. Sono ore frenetiche, di angoscia vera e propria per il bersaglio e per i suoi famigliari. Una pattuglia lo segue come un’ombra, l’obiettivo è scongiurare che gli accada qualcosa.

L’intimidazione non lascia spazio alle interpretazioni. Si organizza insomma tutta la rete di tutela prevista in casi del genere. Non si contano gli episodi di tensione in ditte e dittarelle negli anni della crisi sfociati in tragedia. I militari presidiano la società, le gazzelle vanno avanti e indietro. Finché salta fuori la verità. Era tutto finto, tranne le pallottole. Verissime.

A ordire il brutto lazzo sono stati due amici della vittima. Un dipendente della stessa società e quello di un’azienda vicina, dove le ogive, residuo di una lavorazione, erano detenute regolarmente. La confessione, accompagnata da una sonora lavata di capo in caserma, non è gratis: i «burloni» sono stati denunciati per procurato allarme.

Gelo nello stabilimento, ovviamente, dove la lista dei papabili aggressori era lunga. La segnalazione sporca la fedina penale dei responsabili. Il manager ha chiesto scusa a tutte le persone (ingiustamente) coinvolte e alle stesse divise, impegnate a tutto campo su un caso inesistente.

Proprio l’inchiesta presa di petto dai carabinieri ha spinto i due a uscire allo scoperto: «Non credevamo di aver fatto qualcosa di male, volevamo solo prenderlo in giro, ma quando abbiamo visto che piega avevano preso le cose, abbiamo capito di aver esagerato», si sono giustificati con gli inquirenti. Ma non è servito a evitare le conseguenze.