Pioltello, bonifica ex Sisas: Pelaggi non intascò tangenti

L'ex comissario scagionato dal gip: "Cinque mesi di galera da innocente"

Luigi Pelaggi ex commissario per lo smaltimento dei rifiuti  nell’area della Sisas di Pioltello

Luigi Pelaggi ex commissario per lo smaltimento dei rifiuti nell’area della Sisas di Pioltello

Pioltello, 30 giugno 2015 - Si è fatto cinque mesi di galera a Regina Coeli, e si scopre adesso che si è li fatti per niente. L’accusa di corruzione per una tangente da 700mila euro è evaporata. Dopo un anno e mezzo di limbo dacché scattarono le manette, il giudice fa marcia indietro: "Il reato non c’è". E – soffiano sul fuoco gli avvocati – "che quel reato non ci fosse mai stato era scritto nero su bianco proprio nelle carte dell’inchiesta" da cui scaturì l’arresto, il 22 gennaio 2014, le stesse carte da cui ora arriva l’archiviazione. "Paradossi della giustizia", rincara la difesa.

Sullo sfondo, la controversa vicenda giudiziaria delle bonifiche ex Sisas. Protagonista, il reo non più reo Luigi Pelaggi, che di quelle bonifiche fu commissario. Uomo di fiducia del Governo negli anni in cui presidente era Silvio Berlusconi, dal 2010 divenne il deus ex machina che doveva rimediare al brodo di fallimenti, ritardi, minacciate multe milionarie sulla tormentata area industriale di Pioltello Rodano. La Sisas: 300mila metri quadrati di azienda chimica. Fallita nel 2001, aveva lasciato in eredità tre discariche di rifiuti (280mila tonnellate) pericolosi. Passano gli anni, e come spesso accade l’affaire si incaglia in una melma che fa slittare la preziosa bonifica dell’area a tempo indeterminato. Finché a far la voce grossa non ci pensa l’Unione Europea, con tanto di ultimatum (31 dicembre 2010) e di minaccia: o ripulite il terreno, oppure lo Stato italiano pagherà una multa da 670 milioni. La proprietà che aveva acquistato l’area (la Estate Due Srl) alza le braccia: impossibile rispettare la scadenza. È a questo punto che fa la sua comparsa Pelaggi: nell’aprile del 2010 l’avvocato originario di Catanzaro, oggi 62 anni, viene nominato Commissario Delegato. La scadenza europea slitta a fine gennaio 2011 e intanto partono i lavori, affidati dopo una gara alla Daneco Impianti Srl. A febbraio 2011 i rifiuti sono spariti, la multa multimilionaria disinnescata. Pelaggi vincitore.

Tutto risolto? Nemmeno per idea. Perché, mentre le ruspe sono all’opera, i magistrati milanesi (Alfredo Robledo, Piero Basilone, Paola Pirotta, Paolo Filippini) fanno altrettanto. E a cantieri ancora caldi, senza che vi sia il tempo di stappare lo spumante, scattano tre avvisi di garanzia (giugno 2011). Due anni e mezzo più tardi, il 22 gennaio 2014, arrivano le manette per Pelaggi e altri quattro. Le accuse: reati ambientali, abuso d’ufficio, corruzione. Sul piatto ci sono 700mila euro che il commissario avrebbe intascato dalla Daneco come «ringraziamento» per la vincita dell’appalto. Per Pelaggi si spalancano le porte del carcere. Nel frattempo, l’inchiesta passa a Roma per competenza territoriale, e a poco a poco si inizia a far luce sul pasticcio. I difensori Valerio Spigarelli, Antonio Bana e Gaetano Galluccio Mezio spulciano le carte (32mila pagine) e si imbattono in un faldone della Guardia di Finanza di Milano (altre 825 cartelle) in cui, spiegano gli avvocati, «si evince che i 700mila euro non fossero ricollegabili a Pelaggi, ma erano stati oggetto di tracciate manovre finanziarie fra le società coinvolte nella bonifica». Quel «dettaglio» custodito fra le carte «era evidentemente rimasto inghiottito in qualche errore» – o svista, o dimenticanza? – nella deposizione degli atti. A mali estremi, il rimedio arriva nei giorni scorsi: il gip di Roma Ezio Damizia, su proposta del pm Paolo Ielo, ha archiviato l’accusa di corruzione. «È questa la giustizia?», si sfoga amaro Pelaggi. I guai per lui non sono finiti: deve ancora difendersi dalle accuse di violazione ambientale e abuso d’ufficio. «Ho sempre agito in modo corretta. Lo dimostrerò». Dopo la galera, «non ho più paura».