L’ospedale unico resta un miraggio: no dalla Regione

Addio ospedale unico. La Regione stronca sul nascere il sogno accarezzato a lungo dai Comuni di avere una sola super struttura di riferimento per l’intera Adda-Martesana. I cinque nosocomi di Milano Est, dalla vocazione incerta, vanno incontro a una profonda riorganizzazione di Barbara Calderola

Ospedale di Melzo

Ospedale di Melzo

Carugate (Milano), 30 ottobre 2014 -  Addio ospedale unico. La Regione stronca sul nascere il sogno accarezzato a lungo dai Comuni di avere una sola super struttura di riferimento per l’intera Adda-Martesana. I cinque nosocomi di Milano Est, dalla vocazione incerta, vanno incontro a una profonda riorganizzazione. La staffetta tra soluzioni sul tappeto è arrivata l’altro ieri dopo il summit fra i Comuni dell’Asl Milano 2 e Mario Mantovani, assessore regionale alla Sanità. «Non che ci aspettassimo di trovare sul tavolo i 300 milioni necessari, vista l’entità dei tagli nella legge di stabilità – spiega Umberto Gravina di Carugate, presidente dell’assemblea dei sindaci – ma ci speravamo». 

«L’ospedalone permetterebbe quella metamorfosi che la sanità locale non più rimandare», hanno spiegato inutilmente gli amministratori alla riunione. E invece, fra un mese, sarà pronto il “piano B”, il rilancio dell’esistente. Gravina dovrà tirare le fila del cambiamento. «Non sarà facile far capire ai cittadini che Cernusco, Melzo, Cassano, Gorgonzola e Vaprio, i nostri ospedali, non saranno più gli stessi». Dopo anni di dibattiti e rinvii, la parola d’ordine adesso è specialità. «Ciascun nosocomio avrà un compito preciso – spiega il presidente – non possiamo più avere tre chirurgie o quattro medicine in una manciata di chilometri».

Un primo assaggio della svolta c’è già stato: il caso del punto nascite che la Regione si accinge a chiudere a Cernusco in favore di Melzo. E che ha sollevato un polverone. «Dobbiamo agire uniti per il bene dell’intera comunità, fatta dalla gente di tutti i Comuni. Bisogna pensare esclusivamente al bene dei pazienti», insiste Gravina. Non ci sono alternative. «L’ospedalone sulla carta resta in piedi, lo studio di fattibilità va avanti, ma è un pro forma. Meglio se facciamo subito i conti con la realtà: 750 milioni di tagli a un bilancio regionale fatto per l’80% di spesa sanitaria, non lascia spazio a nessun progetto», chiarisce il presidente. «Non che la nostra idea di avere un solo ospedale sia campata per aria – Gravina sgombera il campo da equivoci – sarebbe la soluzione migliore, perché ci permetterebbe come hanno fatto altre città, Vimercate ad esempio, di ottimizzare risorse e servizi. Ma se non si può, non si può». 

Sulla dieta imposta dal governo alla Lombardia, Eugenio Comincini sindaco di Cernusco e neo vicepresidente della Città metropolitana, ha tutt’altra idea: «Anziché offrire meno servizi ai cittadini, la Regione dovrebbe recuperare fondi dalla selva di partecipate che mantiene». Al summit c’era il vicepresidente del Consiglio regionale Sara Valmaggi. «I sindaci hanno saputo andare oltre la semplice difesa del campanile evidenziando il nodo storico dell’area, non aver dato a ogni presidio ospedaliero una connotazione specifica, con il rischio di depauperare le singole strutture ad ogni novità organizzativa. Il territorio ha vissuto anche molte vicissitudini nei continui cambi di direzione di Asl e aziende ospedaliere».

barbara.calderola@ilgiorno.net