Gorgonzola, omicidio stradale, la mamma di Beatrice «Gran passo avanti, ora meno impuniti»

La giovane di Gorzonzola venne travolta da un uomo che non entrò mai in carcere

Una bella immagine di Beatrice Papetti, la giovanissima investita e uccisa da un pirata della strada

Una bella immagine di Beatrice Papetti, la giovanissima investita e uccisa da un pirata della strada

Gorgonzola (Milano), 12 giugno 2015 - L'omicidio stradale è a metà strada. Passato al Senato, si affaccia alla Camera e forse entro luglio sarà legge. Un momento storico per le famiglie delle vittime che aspettavano questo momento da una decina d’anni. La battaglia ha firme precise. Fra le prime della lista c’è quella di Avisl, una delle associazioni più attive che riunisce i parenti delle vittime.

«È presto per cantare vittoria, ma siamo soddisfatti», dice il presidente Domenico Musicco. «Ci siamo concentrati sulla repressione, ma tanto resta da fare nel campo della prevenzione. Abbiamo cominciato dalla fine, in effetti. Ma sulla certezza della pena non si poteva più soprassedere», aggiunge l’avvocato. «Ora ci batteremo perché in Italia si affermi il modello inglese: controlli capillari del territorio e arresti preventivi per chi guida sotto l’effetto di alcol e droghe, provvedimenti che oltremanica hanno portato in pochi anni a ridurre drasticamente il numero di morti sulle strade». Accanto ai sodalizi si sono battute le madri.

Alla testa dell’esercito di donne costrette a fare i conti con la perdita di un figlio dopo un incidente c’è Roberta Battaglino, la mamma di Beatrice Papetti, la quindicenne di Gorgonzola falciata sulla Padana il 10 luglio 2013 da un pirata della strada condannato a 3 anni con sospensione della pena e della patente.

Piange?

«Sì. Abbiamo fatto un grosso passo in avanti dopo secoli di stallo. Finalmente chi guida ubriaco o drogato verrà punito come si deve».

E anche chi scappa dopo un incidente.

«Era ora. Mi sono impegnata tanto con le altre mamme per evitare che altre famiglie vivano l’inferno che è toccato a noi».

Lei e suo marito avete sempre criticato aspramente la sentenza inflitta al pirata che ha ucciso Bea.

«Quel signore non ha fatto un’ora di carcere. Eppure in un attimo ci ha tolto tutto: vita e speranza. Si è portato via la nostra piccola e con lei tutti i sogni e i progetti che cullavamo insieme. E che non torneranno mai più. è un dolore che non si attenua, anzi, si rinnova. Mette radici sempre più profonde e scava scava. Il tempo in questi casi è una condanna. Questa sì, vera. Non come molte di quelle annacquate dei giudici per gli assassini al volante. Presto, finalmente, anche le toghe avranno un paletto».

Troppa discrezionalità?

«Le norme ci sono anche senza omicidio stradale, senza nulla togliere a questo importante risultato. Non si può più fare a meno di un deciso cambio di passo e di una metamorfosi culturale, serve un nuovo approccio. La novità limiterà il potere interpretativo di cui le sentenze sono sintesi. Spesso ingiuste per vittime e familiari».

Chiedevate certezza della pena e l’avete quasi avuta.

«Esatto, altrimenti continueremo ad avere in giro colpevoli come se nulla fosse. L’uomo che ha ucciso Bea è uno di loro. Non c’è condanna che mi ridarà quel che ho perso, ma il nostro dolore andava ristorato. Quella sentenza ha finito per ledere la nostra dignità. Tre anni di sospensione della patente, a questo si riduce tutto alla fine, compensano la morte di una ragazza che si affacciava alla vita? Non dimentichiamoci che è fuggito dopo averla investita».

È questo che non gli perdona?

«Sì. È questo. Un incidente per distrazione può capitare. E può avere anche esiti tragici. Ma non è accettabile che si abbandoni sull’asfalto una persona agonizzante. L’ultima faccia che ha visto Bea è stata la sua. Non poteva abbracciarla anziché lasciarla morire da sola come un cane?».

Mancano pochi giorni al secondo anniversario della tragedia.

«Infatti sono ore difficilissime. Non riesco a guardare le sue fotografie e i video sono come spade che mi trafiggono da parte a parte. E così è per Nerio, il padre di Bea e per la sorellina Francesca. La vita di tutti i giorni per chi ha subito quel che abbiamo subito noi è costellata di trappole nelle quali si inciampa di continuo. Basta una data per non avere più la forza di respirare».