Inzago, dopo il caso di Fatima Centro islamico sotto la lente del Municipio

Un check dettagliato sulla comunità straniera a Inzago e un’inchiesta amministrativa per chiarire numeri e attività dell’associazione culturale islamica Stella di via Boccaccio. A margine, commenti e prevedibili polemiche sulle convulse settimane della «caccia alla foreign fighter»: irrompe in consiglio comunale il «Caso Fatima» di Monica Autunno

Il sindaco di Inzago Benigno Calvi (Newpress)

Il sindaco di Inzago Benigno Calvi (Newpress)

Inzago (Milano), 29 gennaio 2015 - Un check dettagliato sulla comunità straniera a Inzago e un’inchiesta amministrativa per chiarire numeri e attività dell’associazione culturale islamica Stella di via Boccaccio. A margine, commenti e prevedibili polemiche sulle convulse settimane della «caccia alla foreign fighter»: irrompe in consiglio comunale il «Caso Fatima». Sarà il sindaco Benigno Calvi, in apertura di seduta domani sera, a relazionare in aula sui fatti e a informare sulla procedura in atto per rendere chiara, trasparente e dunque inattaccabile l’attività del piccolo centro islamico sopra il Carrefour, finito nel mirino dopo l’esplosione del vicenda di Maria Giulia Sergio, la ventottenne convertita all’Islam data dal Ministero come affiliata all’Isis e, ipoteticamente, finita in Siria per attività di militanza attiva. Dopo il gran clamore di metà gennaio, sulla questione è calato il silenzio. Lavorano Procure e servizi segreti impegnati sul fronte antiterrorismo.

A Inzago, il paese dove la ragazza viveva con la famiglia, invece, il sindaco si prepara a sostenere il prevedibile assalto consiliare su due sicure questioni: il monitoraggio della comunità musulmana alla luce dell’ipotetica «infiltrazione» di una terrorista e l’attività del centro culturale Stella, cui faceva riferimento anche il padre della Sergio. Una riunione comunale proprio su questi temi era stata tenuta una decina di giorni fa in Comune, e aveva partorito un verbale: «Tutti i presenti all’incontro, dopo aver concordato che la segnalazione del nome del nostro paese non era opportuna e necessaria, visti anche gli effetti di stupore e grande preoccupazione che hanno colpito l’intera comunità locale, ritengono che qualsiasi tipo di terrorismo, soprattutto quello caricato di contenuti religiosi, debba essere ripudiato e contrastato con ogni mezzo; chiedono che gli organi inquirenti di ogni ordine e grado continuino la loro opera di monitoraggio».

Sull'associazione, «è opinione condivisa che il diritto alla preghiera debba essere garantito, è positivo che l’associazione abbia seguito le modalità previste dalle leggi italiane per la sua costituzione, ed è positivo che l’associazione dichiari nel suo statuto e applichi nei suoi comportamenti la volontà di integrarsi nella società italiana». Ma? «L’associazione culturale è ospite di locali privati; l’attività di preghiera che vi si svolge - così il sindaco Benigno Calvi - è ammissibile da Pgt, ma non è indicata nello statuto associatvo: occorre chiarire. Di quest’associazione non abbiamo, e l’ho chiesto ufficialmente e con carattere di urgenza ai responsabili, un libro dei soci. Mi hanno portato il bilancio, lo esamineremo. Non c’è alcun intento inquisitore, ma data la situazione è indispensabile che su nomi e attività vi sia la massima trasparenza». Nel comunicato una reprimenda per il clamore suscitato dal caso: «Sì. Abbiamo tutti concordato sul fatto che forse si sarebbe dovuto operare con più prudenza, evitando di fare il nome del nostro paese».

monica.autunno@ilgiorno.net