Ikea, protesta a Carugate

Presidio per chiedere il reintegro ordinato dal giudice di due delegati sindacali licenziati

Il presidio sindacale a Carugate

Il presidio sindacale a Carugate

Carugate (Milano), 10 dicembre 2017 - Marica e gli altri. Cioè, Luca Marchi e Mauro Sanson, delegati dell’Unione sindacale di base (Usb), licenziati da Ikea a causa della protesta, un anno fa, per le colleghe “esternalizzate” alle cooperative. Salirono sul tetto del punto vendita a Carugate e l’azienda non gradì. Nuova bufera sul colosso svedese del mobile low-cost, dopo il clamore suscitato dalla decisione di mettere alla porta la mamma single 39enne con due figli piccoli, uno disabile, a Corsico. Ieri, nel parcheggio affollato del sabato mattina è andata in scena a Carugate il picchetto «per informare il pubblico di quel che accade fra queste mura», spiega Aldo Pignataro dell’Usb. «Due sentenze reintegrano i rappresentati sindacali, ma Ikea fa finta di niente. E’ bene che tutti sappiano».

La multinazionale scandinava precisa: «Abbiamo fatto ricorso contro queste decisioni. Continuiamo a ritenere quei comportamenti gravi e intollerabili, non consoni ai valori e al rispetto che si deve a clienti e a colleghi». Solo qualche giorno fa, il colosso dell’arredamento aveva dato il benservito a Marica Ricutti, «17 anni di servizio senza mai un richiamo», precisa Massimo Cuomo della Filcams-Cgil. «Basterebbero queste vicende per capire la filosofia della compagnia sul personale: chi non è in linea con le loro idee, salta», aggiunge Pignataro. «L’abbiamo appena visto anche a Bari». «I nostri delegati sono a spasso da un anno, senza stipendio – precisa il sindacalista – meglio sottolinearlo».

I giudici prima a Milano, poi a Monza, scrivono che «il volantinaggio è una pratica sindacale lecita» e, dunque, Marchi e Sanson «non violarono leggi», quando l’8 ottobre 2016 si arrampicarono sulla copertura del punto vendita a Carugate, per difendere i diritti delle 18 addette alle pulizie mensa e ristorante cedute a un’altra società. Era già il secondo passaggio «di coop in coop - ricorda Pignataro - con la continua erosione dello stipendio da 300 euro al mese, per via del ricorso al jobs-act». Il problema è sempre lo stesso e vale per tutto il settore della grande distribuzione: orari di lavoro e salari . «Diritti negati, con un contratto scaduto da 4 anni». Tanto che il 22 dicembre è stato proclamato lo sciopero generale.