Truccazzano saluta Clara Arrigoni uccisa dalla meningite

La 48enne non è sopravvissuta a una sepsi meningococcica di tipo B

L'addio

L'addio

Tuccazzano (Milano), 17 febbraio 2017 - Viveva «nella comunità e per la comunità: Clara aveva compreso che la fede si vive non nell’isolamento e in solitudine, ma per gli altri». Centinaia di persone, questo pomeriggio, a dire addio a Clara Arrigoni, la catechista 48enne stroncata dalla meningite giovedì sera. Intanto dai laboratori sarebbe stato ufficializzato l’esito degli esami post decesso, che hanno identificato il ceppo killer: a uccidere Clara una sepsi meningococcica di tipo B, una delle più aggressive.

Nella chiesa di San Michele Arcangelo sin dal primissimo pomeriggio i fedeli e gli amici della donna deceduta si sono riversati a centinaia. I piccoli del catechismo su un lato, e la piazza Roma colma a sua volta. La voce del parroco don Angelo Tagliabue all’interno della chiesa e all’esterno, grazie ad un altoparlante. Il mistero della morte, che può arrivare in qualsiasi istante, e deve trovare pronti. «Ma anche vivere, vivere la vita di ogni giorno, è una sfida che deve trovarci pronti: non lasciamo che le cose ci scivolino addosso, nella noia, nell’indifferenza. Questa è la chiave del mistero, e Clara la portava con sé».

Parole d'affetto e familiarità per la donna che da anni era presenza viva e attiva in parrocchia e oratorio: come catechista, aiutante e organizzatrice instancabile di iniziative. «Potrei dire tante cose, ma non voglio essere scontato o banale. Di lei voglio ricordare tre cose. Il suo amore per la comunità e la sua famiglia. La passione autentica che aveva nella voce quando parlava di Gesù ai bambini: quella passione che come cristiani dobbiamo cercare e trovare. Nella quotidianità, la sua grande capacità di organizzare. Organizzava tutto, anche la vita di chi le stava vicino. Sembrava capace di organizzare anche Gesù, e di dirgli all’occorrenza ‘no, così non va bene’. E aveva una grande voglia di imparare cose nuove. Quando c’erano occasioni di incontro, dialogo, non mancava mai». Alla giovane figlia: «Tua mamma ti avrebbe detto ‘Vivi da Santa’». Ai presenti: «Non preghiamo ‘per’ lei ma ‘con’ lei. Proviamo a sentirla con noi, qui ed ora. Aveva avuto le sue vicissitudini. E aveva capito che le difficoltà non si combattono con il ritiro o l’isolamento».