Segrate e l’Islam, un esempio di convivenza. Il sindaco si appella a Di Stefano

Il sindaco Paolo Micheli al collega di Sesto San Giovanni, che ha detto stop alla moschea: "Inutile erigere barriere che non aiutano ad integrare la comunità"

Ali Abu Shwaima, leader della comunità islamica di Segrate

Ali Abu Shwaima, leader della comunità islamica di Segrate

Segrate (Milano), 9 settembre 2017 - «Da un sindaco ci si aspetta il dialogo, inutile erigere barriere che non aiutano ad integrare la comunità». È la risposta del primo cittadino Paolo Micheli, alle posizioni di chiusura dimostrate nelle ultime settimane dal collega Roberto Di Stefano, il primo cittadino sestese che subito dopo la sua elezione ha bloccato l’iter per la costruzione di una moschea. Il caso di Segrate è un esempio positivo. Qui – al confine tra Lavanderie, Milano 2 e il capoluogo lombardo – quasi trent’anni fa è nata a Segrate la prima vera moschea italiana: una grande cupola e un minareto alto una decina di metri, punto di riferimento della comunità islamica di tutta la Lombardia. La moschea di Segrate come è vissuta dai cittadini?

«In tanti anni qui a Segrate non abbiamo mai avuto problemi, i rapporti con l’imam Abu Shwaima (nella foto in alto) sono ottimi e di continua collaborazione. Mi stupiscono gli atteggiamenti di altri Comuni rispetto alla presenza delle moschee, segno che forse non conoscono la realtà. Lunedì l’imam sarà presente al ricordo dell’11 settembre, io stesso l’anno scorso ho partecipato a una conferenza interreligiosa che si è tenuta in moschea e gli scambi sono continui».

I residenti non hanno mai sollevato proteste? «A Segrate non abbiamo mai avuto disagi di ordine pubblico. L’unico disagio lamentato da alcune persone che abitano lì vicino riguarda la preghiera del venerdì: quel giorno arrivano in moschea tantissimi fedeli che saturano i parcheggi della zona e questo crea qualche difficoltà. Ma è lo stesso problema che si verifica la domenica mattina davanti alle chiese cattoliche».

Alzare barriere, come nel caso di Sesto, può creare problemi laddove non esistono? «Mi auguro che non sia così. Però da un sindaco ci si aspetta che sappia dialogare con tutte le realtà della città. Le posizioni di scontro aumentano il malumore delle persone, poi diventa più difficile relazionarsi con loro. È più semplice dialogare con cittadini consapevoli, più complicato parlare con chi è esasperato. Il clima che si sta diffondendo alimenta la confusione tra i temi dell’immigrazione e dell’islam, che sono due cose diverse. Una cosa è la fede religiosa, un’altra è la povertà. Noi abbiamo la fortuna di essere nati nella parte più felice del mondo, altrove ci sono esseri umani vive in situazioni di estrema povertà. Non vedo altre strade che il dialogo».