Pakistano espulso, appello video: "Non sono terrorista. Giustizia Italia faccia qualcosa"

Aftab Farooq, espulso per motivi di sicurezza in quanto sospetto aspirante jihadista, ha pubblicato un nuovo video appello

Aftab Farooq nel video dall'hotel in Pakistan

Aftab Farooq nel video dall'hotel in Pakistan

Vaprio d'Adda (Milano), 4 agosto 2016 - "Ciao e buonasera a tutti. Sono in Pakistan e fra varie difficoltà e problemi sono arrivato sino a qui. Ringrazio i miei genitori, i miei fratelli, la mia famiglia, gli amici, i colleghi lavoro e tutti gli altri che mi hanno sostenuto". Così inizia il nuovo video messaggio di Aftab Farooq, pubblicato su Facebook poco dopo l'arrivo in Pakistan. Il ragazzo di 26 anni parla ai suoi conoscenti dalla stanza di un hotel e dimostra di non voler demordere su un suo eventuale ritorno a Vaprio: "Ho avuto tanti problemi per non aver fatto niente. Spero che la giustizia italiana faccia qualcosa, mi trovo qui a pensare cosa posso fare domani e dove andare".

In seguito Aftab, sospettato di volersi recare in Bosnia o in Siria per diventare jihadista, racconta l'iter di espulsione vissuto in prima persona: "Fino a due giorni fa ero in un campo di identificazione ed espulsione in Italia. Mi hanno trattato bene, mi hanno dato da mangiare e lasciato fare telefonate. Poi sono arrivati di colpo senza farmi parlare e portato in aeroporto, come se fossi un terrorista pericolosissimo che non lo sono". In seguito, il trasferimento sull'aereo ("prima mi hanno bloccato le braccia con una cintura e poi liberate quando hanno visto che non ero pericoloso", passando tre ore in una stanza parlando con altre forze dell'ordine). Una volta arrivato in Pakistan Aftab racconta di essere stato rilasciato senza problemi o sospetti.

Infine, un "Grazie agli amici di Vaprio, alla Federazione cricket Italia e alle persone che mi conoscono o che vorrei conoscere ma mi hanno sostenuto. Buonasera e ciao a tutti spero di vedervi e sentire ancora". Fra i commenti del post lo stesso Farooq ha difeso anche la sua condotta familiare: "Non picchio mia moglie, non ho mai obbligato e fatto mettere la burqa", sottolineando un menage normale e improntato alla libertà della donna che si poteva dedicare anche agli studi di pasticceria. "Volevo andare in Marocco da 'Orio al Serio' durante alcune ferie che avevo gia' preso al lavoro. Sono partito per vari viaggi con mia moglie, ho portato tante volte mio padre, mio fratello all'aeroporto di Bergamo. Sono accuse false, bagianate!". Evidentemente riferendosi alle frasi sulla possibilità di colpire aerei nei pressi di Orio al Serio.

Nel frattempo, dalle indagini del Ros dei carabinieri emerge un'attrazione per la Jihad alimentata in buona parte dalla sua navigazione sul Web. Sui social network, secondo l'inchiesta, Farooq intratteneva rapporti con alcuni giovani stranieri finiti sotto la lente delle procure. Tra loro anche Oussama Khachia, il marocchino 31enne che abitava a Brunello (Varese), e che fu espulso dall'Italia nel gennaio 2015. Estremista, Kachia è morto poco tempo dopo proprio combattendo sotto la bandiera nera del Califfato in Siria. Assodato anche il contatto con Bledar e Maria Fatima Sergio. Secondo l'attività svolta dagli investigatori il legame con i Sergio si evince dal fatto che Farooq metteva un freno ai suoi rapporti via web con altre persone in occasione di alcuni eventi particolari legati alla vicenda di Inzago, ad esempio in occasione degli arresti  di Assunta Buonfiglio e Sergio Sergio, i genitori di  Fatima, finti in cella prima che potessero seguire la figlia in Siria. Anche la sorella Marianna è stata arrestata e processata, mentre la madre Assunta è morta in coincidenza con la concessione degli arresti domiciliari.