Omicidio Cernusco, il segreto della morte di Gabriella sul fondo del laghetto

Gli investigatori continuano a controllare la cava Merlini in cerca di indizi importanti per risolvere il mistero

Gabriella Fabbiano

Gabriella Fabbiano

Cernusco sul Naviglio (Milano), 14 dicembre 2016 - Frugano, smuovono, scandagliano. Centimetro per centimetro. Per gli inquirenti, il fondo limaccioso della cava Merlini di Cernusco nasconde il segreto della morte di Gabriella Fabbiano. La mamma 43enne dalla tormentata vita sentimentale, uccisa con un colpo di pistola alla testa, ritrovata una settimana fa sul fondo del laghetto, caviglie e polsi legati, avvolta in un cellophane, come se fosse spazzatura. A tenerla sul fondo, due pesanti blocchi di cemento. L’assassino voleva nascondere anche lei e forse è lì che ha buttato l’arma usata per freddare la venditrice porta a porta, una delle sue mille attività. Ieri, i sommozzatori dei vigili del fuoco sono tornati nella «tomba» d’acqua che il killer e il suo complice - gli investigatori sono convinti che ce ne sia uno e avrebbe già nome e cognome - avevano scelto per l’inquieta 43enne. Il pm Francesco Cajani e il procuratore Alberto Nobili, titolari del caso, procedono senza sosta. C’è un solo indagato per ora, a piede libero, Mario Marcone, lo spazzino di Pioltello, ex amante della donna, ma a palazzo di giustizia sono convinti che ci siano altre persone coinvolte. Almeno tre e su di loro si fa pressing da giorni. Sotto esame ci sono ex amanti di Gabriella, che oggi negano di aver avuto rapporti con lei, ma che si scambiavano il suo numero di telefono. Sono stati sentiti anche una trentina di testimoni, amici e parenti della vittima, per ricostruirne legami e personalità. Un’anima fragile, che viveva di espedienti: su questo punto non ci sono dubbi. È nelle pieghe della sua storia che si fa strada la verità. Il rito macabro dell’occultamento del cadavere e le modalità «scientifiche» con cui cui è stato organizzato fanno pensare più a un regolamento di conti che a un delitto passionale - pista privilegiata nelle prime ore dopo il ritrovamento del cadavere -, l’impeto di un amante geloso è distante anni luce dall’opera meticolosa con cui l’omicida e chi l’ha aiutato hanno cercato di schivare la resa dei conti. La scena è quella di un’esecuzione in piena regola. Con tanto di intento punitivo.

Il cerchio si allarga dunque, ma non si esce dal recinto degli «amici» della donna, italiani o stranieri che siano. Un entourage ristretto, dove tutti conoscevano tutti. Il punto di partenza e di arrivo sono e restano le relazioni pericolose di Gabriella. Quelle in cui aveva cercato di riannodare i fili di una vita sentimentale interrotta e ripresa più volte con separazioni dolorose sullo sfondo. Contribuiranno a fare luce gli esami tossicologici - per la Procura potrebbe essere stata narcotizzata prima di essere uccisa – mentre la pistola di piccolo calibro con cui è stata fatta tacere per sempre non si trova. Ma non si smette di cercarla.

barbara.calderola@ilgiorno.net