Omicidio a Cernusco, il netturbino violento primo nome nel giallo di Gabriella

Indagato Mario Marcone: anni fa tentò di investire l'ex moglie

I carabinieri davanti alla cava dove è stato ritrovato il cadavere della donna

I carabinieri davanti alla cava dove è stato ritrovato il cadavere della donna

Cernusco sul Naviglio (Milano), 8 dicembre 2016 - "Io spero proprio che non sia vero. Che non sia stato lui. Perché se così fosse, per noi non esiste più". E ancora: "Siamo lavoratori, gente perbene. Questa è come una pugnalata al cuore". Giuseppe Marcone, titolare di una conosciuta officina meccanica al confine fra Pioltello e Cernusco, è il fratello maggiore di Mario Marcone, l’operatore ecologico ex compagno della 43enne Gabriella Fabbiano, trovata l’altro pomeriggio senza vita nella cava Merlini di Cernusco. Da ieri il suo nome è nel registro degli indagati. La Procura di Milano ha infatti aperto un fascicolo per omicidio volontario. Non è stato ancora interrogato. Ma le notizie volano. E il coinvolgimento possibile (anche se solo presunto) del pioltellese nel delitto che fa parlare la Martesana da 48 ore è già di dominio pubblico.

Fra Marcone e i fratelli cattivo sangue d’annata. "Né io né l’altro mio fratello avevamo a che fare con lui da tempo. Almeno due, tre anni". Sulla donna uccisa, con cui Marcone avrebbe avuto poco tempo fa una tormentata relazione: "Non so chi sia, mai vista, mai sentita nominare. Solo in questi giorni, per via del delitto. Poi è passato il nome di mio fratello al giornale radio. E da quel momento non faccio che rispondere a chiamate di amici. E ripeto a tutti la stessa cosa: che ne so meno di loro". Su Mario: "Una persona poco furba, diciamo. Non siamo mai riusciti a metterlo in riga". Ma è un eufemismo. A carico di Marcone un precedente pesante: qualche anno fa cercò di regolare i conti con la sua ex moglie tentando di investirla in auto. Una fama da soggetto poco raccomandabile che lo aveva seguito, pare, anche negli ambienti di lavoro. Netturbino per la Sangalli era stato "rifiutato" dall’Amsa al momento della cessione d’appalto comunale proprio, si dice, a causa della sua nomea da violento. Era rimasto alla Sangalli e lavorava nei comuni della zona: ultimamente a Liscate. "Quando una persona non si raddrizza non puoi che cambiare strada. Lui non si raddrizzava. Detto questo, non riesco a credere che sia un assassino. Mi auguro che tutto si chiarisca, per lui e per la nostra famiglia, che non merita questo. Ma se non fosse, non voglio più sapere nulla di lui. Ne abbiamo già passate troppe". Gabriella Fabbiano è stata uccisa con un colpo di pistola alla testa. "Non ho idea se mio fratello possedesse un’arma. Anche qui, spero di no".

Dopo la burrascosa separazione Marcone viveva solo, in un appartamento sulla via Padana superiore già ispezionato dai militari. Qui è stato raggiunto dall’informazione di garanzia degli inquirenti. Cui dovrà nelle prossime ore spiegare la natura della sua relazione con la Fabbiano e raccontare le sue mosse nelle ore presunte del delitto. Gabriella è stata trovata in pigiama e a piedi nudi, avvolta in un telo di plastica. Chi l’ha assassinata, e poi scaricata nella cava teatro l’altra sera del ritrovamento, conosceva bene la zona. Una persona sola o, come gli inquirenti hanno ipotizzato, più di una: qualche amico connivente avrebbe aiutato l’assassino a disfarsi del corpo. La pista battuta dal pm Francesco Cajani e dal collega Alberto Nobili rimane quella passionale.