Carugate, la Ceme chiude, in 97 a casa. "Tagli necessari per resistere"

L'azienda ha comunicato ai sindacati la decisione di chiudere il sito di viale delle Industrie

Una vecchia protesta alla Ceme

Una vecchia protesta alla Ceme

Carugate )Milano), 7 giugno 2017 - Impianti produttivi spenti e l'intera forza lavoro messa alla porta. Ieri, la Ceme di Carugate, marchio leader nel settore delle elettrovalvole, ha comunicato ai sindacati la decisione di chiudere il sito di viale delle Industrie, senza nemmeno ricorre agli ammortizzatori sociali. Una disposizione drastica su cui la proprietà ha già fatto intendere di non essere disposta a trattare. «Nessuna delocalizzazione, è una riorganizzazione necessaria per sopravvivere in un mercato sempre più esigente e improntato al contenimento dei costi», fanno sapere i vertici aziendali, che hanno già individuato i terzisti a cui affidare parte della produzione. La comunicazione ufficiale è arrivata nel pomeriggio sul tavolo delle organizzazioni sindacali, che avevano fiutato il rischio da tempo.

Sono 97 le persone investite dalla manovra: sette impiegati, il resto, operai, che già tremano all'idea di doversi ricollocare in un mercato del lavoro con sempre meno spazi di manovra. La decisione, specificano i manager Ceme, è maturata dopo aver valutato scenari alternativi, «tra i quali la riduzione operativa dello stabilimento di Carugate, il trasferimento di parte della produzione all’estero, l’ulteriore rafforzamento della produzione degli altri siti italiani». I tagli arrivano a 11 mesi di distanza dall'ultima riorganizzazione che aveva visto 90 dipendenti del sito cittadino costretti a sobbarcarsi ogni giorno 120 chilometri di pullman per continuar a timbrare il cartellino, anche se nello stabilimento di Trivolzio, nel pavese. È qui, oltreché a Tarquinia, nel Lazio, che l'industria metalmeccanica ha concentrato il grosso della manodopera: 500 operai. Una dieta considerata imprescindibile da Ceme per poter continuare a restare sul mercato senza perdere quote. L'azienda spedisce più dell'85 per cento della propria produzione in 60 Paesi all'estero; i container dei suoi prodotti seguono tre direttrici: Europa, Asia e Nord America. Per le tute blu, invece, è partito il conto alla rovescia che li priverà della busta paga. I sindacati annunciano battaglia: «la fabbrica di Carugate ha commesse e tutte le potenzialità per restare aperta», rilancia Andrea Ricci (Fim Cisl Milano). Si partirà da qui, oggi, in assemblea.