Bussero (Milano), 6 novembre 2015 - Aveva una compagna in Sardegna Salvatore Empoli, il vigile assassino. Forse, negli istanti successivi al delitto, ha cercato di riempire una valigia e fuggire, per andare da lei. Sicuramente con lei ha parlato e messaggiato a lungo, nei minuti a ridosso dell’omicidio di Gianfranco Ambrosoni e, sembra, anche in presenza dei militari già in casa sua. In attesa di un movente che abbia un senso, e che forse non esiste, qualche dettaglio ulteriore sul tremendo venerdì di morte.
Ieri mattina si sarebbe svolta l’autopsia sul corpo della vittima, ma i risultati rimangono sotto riserbo. L’esame del medico legale, la notte del delitto, rilevò sette fori di proiettile (sei contestati e relativi ai bossoli reperiti) sul corpo dell’ucciso: alle spalle, nell’incavo delle ascelle, alla schiena. L’ultimo o gli ultimi colpi sparati alla guancia e al collo, da meno di un metro di distanza, con spregio e ferocia. Ambrosoni morì dopo inutili tentativi di rianimazione.
In carcere Salvatore Empoli rimane in silenzio. Davanti al Gip Giuseppe Gennari si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il suo legale, Norberto Argento, si limita a confermare che la richiesta di un nuovo interrogatorio non è stata ancora inoltrata. E che è troppo presto per pensare a una linea difensiva che passi, magari, per una perizia psichiatrica. «Nelle prossime ore cercherò di incontrare il mio cliente in carcere – dice –. Di un nuovo interrogatorio si parlerà in settimana».
La chiave dell’omicidio, ormai non vi sarebbero dubbi, sta in quella lite, violenta, consumatasi sotto i portici davanti alla stazione, davanti alla pizzeria d’asporto. Lite a due per futili motivi, fra Salvatore Empoli, per tutti «il Vigile», e lo sconosciuto calvo, tatuato e ubriaco di cui tutti riferiscono. Ma che, almeno in una fase, avrebbe coinvolto anche un altro avventore del locale, sentito dagli inquirenti, e Gianfranco Ambrosoni, intervenuti per separare i due che si azzuffavano. Serebbe stato lo sconosciuto che tutti descrivono come «il calvo» ad aggredire fisicamente Empoli per primo, colpendolo con un pugno al labbro.
Furioso e fuori di sé, il vigile si sarebbe allontanato a piedi. Per tornare poco dopo, armato di pistola. A cercare «il pelato». Che subito dopo la lite, è certo, aveva invece preso la metropolitana per tornarsene a casa. Poco lontano, l’incontro fatale del vigile con Ambrosoni. L’uomo sbagliato nel momento sbagliato. Colpevole forse solo di averlo «guardato strano» durante l’alterco. Poi la terribile sequenza. I due uomini sulla strada, uno alla rincorsa dell’altro. Le urla agghiaccianti della vittima: «Cosa c’entro io, cosa ho fatto», gli spari, gli ultimi da vicino, all’uomo già a terra. E la fuga sulla Fiesta scura trovata poi parcheggiata davanti a casa dell’arrestato.