Cassina de' Pecchi, 15 marzo 2014 - Una chiamata improvvisa, anche se non del tutto inaspettata; un biglietto aereo preso in fretta e furia, direzione Sinferopoli; un lavoro di grande responsabilità alle porte. Claudio D’Amico, ex sindaco di Cassina de’ Pecchi, oggi commissariata, sarà uno degli osservatori internazionali al referendum con cui, domenica, la Repubblica autonoma di Crimea, in Ucraina, sceglierà con ogni probabilità di unirsi alla Russia.

Ieri la partenza, da Milano, con l’arrivo nella capitale della penisola ucraina solo a tarda notte: «Sono stato invitato dal parlamento della Crimea come osservatore internazionale – spiega D’Amico, intercettato al telefono durante lo scalo a Mosca -. Non so ancora che situazione mi troverò di fronte all’arrivo, anche se lo scenario non sarà certo dei migliori. Eppure – chiarisce D’Amico -, quando mi hanno chiamato non ho avuto dubbi: certe cose devono essere fatte, anche solo perché credi sia la cosa giusta. Troppo spesso, in queste situazioni, capita di sentire due voci in contrapposizione, invece è importante che qualcuno super partes possa davvero raccontare ciò che accade, vigilando sul fatto che il volere degli elettori sia rispettato».

Ex sindaco, ex parlamentare, Claudio D’Amico «l’internazionalità» ce l’ha nel sangue, nonostante l’appartenenza leghista, e il suo legame col territorio: «Credo di essere l’italiano che ha fatto più missioni elettorali nel mondo – confessa – e questa è la 26esima».

Entrambe le elezioni di Barack Obama in Usa, a Vladivostok in Russia ma anche nei Paesi dell’ex Unione Sovietica come il Kirgistan o in Macedonia, per citarne qualcuna: «Ho girato parecchio – ammette –. La situazione adesso è calda qui, ma spero che tutti capiscano che la violenza non è la risposta, occorre piuttosto superare ogni preconcetto e basarsi solo sul volere del popolo, unico organo sovrano in una vera democrazia».

Poi una stoccata a Europa e Usa, che certo non vedrebbero di buon occhio un passaggio della Crimea sotto il vessillo di Putin: «Non cerchiamo un “buono” e un “cattivo” – chiarisce D’Amico – non possiamo permetterci una guerra dietro casa. L’Europa farebbe meglio a non parlare di “democrazia”: è guidata da una commissione non eletta dal popolo».