Vignate, 2 febbraio 2014 - Alto 1,90 ma non del genere che si farebbe in quattro per farsi notare. Insomma un timido e nemmeno contrito: probabilmente felice di esserlo. E un po’ dispettoso: mica bello fare fuori i francesi in casa loro, a Parigi, al World Chocolate Masters e batterli sul tempo quando lo speaker recita «The winner is…», con quello che segue.

Del resto, se lo sentiva: «Non si diventa campioni del mondo per niente». E lui lo è diventato per una delle delizie della vita, per la metafora del dolce peccare, per una di quelle cose per cui uomini e (ancora di più) donne sono disposti a smaniare, quale sia la forma o il nome: un cremino, un fondente, un gianduiotto o quant’altro. Insomma il cioccolato è lui, è Davide Comaschi, il bambino diventato grande che da piccolo osservava mamma Rosa quando impastava crostate e torte di mele: si faceva dare la sua piccola dose di pasta frolla e si inventava dolci e biscotti.

Già, il passato. Se ci pensi, torna tutto: l’infanzia e l’adolescenza a Vignate, la drogheria degli zii Wanda e Gino, l’oratorio, il parchetto di Vignate dove giocare con la compagnia, papà Giorgio e mamma Rosa, sempre lì come allora, in via la Malfa: vai a trovarli e ti dici che valgono davvero un Mondiale e forse anche di più. Anche loro emozionatissimi.

Come il 7 dicembre scorso, quando il sindaco Emilio Vergani scomodò per lui l’onorificenza di Sant’Ambroeus, in Municipio, davanti a un sacco di gente, perché quello non era un concittadino qualsiasi ma il più grande «patissier et chocolatier» del pianeta.

Poi Milano, certo, altra roba rispetto a Vignate e a quel microcosmo a metà strada fra Pioltello e Melzo. Facile amarla. Ancora più semplice se lavori nella pasticceria alla «Martesana» di via Cagliero: «Ti senti come Alice scaraventata nel Paese delle Meraviglie. Che salto! A Vignate la gente in pasticceria ordina quasi sempre cannoncini, crostatine, chantilly. A Milano i clienti sono più curiosi, attirati da dolci insoliti e nuovi».

E con Vincenzo Santoro è bello perfino fare la gavetta, perché lui, Davide, è una spugna: assorbe tutto e ha solo 13 anni. A 18 passa al reparto «rifiniture e farciture», lavora lo zucchero, prepara cioccolati, sogna di camminare con le proprie gambe. E se funziona per un tempo breve, poco male: fai sempre in tempo a ripensarci. Davide acquista un negozio nella sua Vignate e dopo 5 anni torna a Milano, sempre con Santoro. Diventa capo-pasticcere ma può partecipare a concorsi, esibirsi e crescere ancora.

E dove, se non frequentando Iginio Massari, il «re» della pasticceria nazionale? Arrivano i riscontri, le prime selezioni, la conferma come wedding cake designer di valore. Poi la finale a Parigi, al Salon du Chocolat, con i maitres chocolatiers di 20 Paesi, la diretta in streaming e 450 tifosi arrivati da mezz’Italia. Che tensione! Alle 18 rivelano il terzo qualificato e non è lui. Non è nemmeno il secondo e allora è fatta. «Sarei morto dalla delusione», ammette.

E l’annuncio arriva. «The winner is Davide Comaschi» e lui dedica la vittoria a Massari e Santoro perché «senza di loro non sarei mai diventato campione del mondo». Probabile o forse no: uno così sarebbe emerso anche altrove. Tant’è. A Vignate gli fanno i complimenti perché ha messo il suo paese sulle mappe. A Milano vanno ad acquistare i suoi capolavori: la mousse a strati «Dolce sinfonia» o la torta paradiso «Martesana». Rivela un segreto di Pulcinella: «Il 12 febbraio è il mio compleanno. Ma festeggerò solo con pochi amici». L’avevamo capito. Stoffa da star. Personaggio suo malgrado!