di Monica Autunno

Cassano d'Adda, 8 luglio 2013 - «Di qui non me ne vado, non scherziamo. Devo aspettare mia figlia». L’ennesima tragedia del fiume, consumatasi in un pomeriggio di cielo plumbeo e temporale incombente, ha il volto della giovanissima madre di Anna Tatu, 14 anni solamente, di Cassano d’Adda, morta nel fiume ieri pomeriggio, nel tratto turbolento vicino alla diga della Pora Ca’ di Fara Gera d’Adda.

Esile e bionda, gli occhi azzurri puntati per ore sul sasso che ha tenuto imprigionata sua figlia, impedendole di riemergere quando è caduta, impedendone il recupero. «Doveva succedere a me. Non a lei». Lacrime, dolore, rabbia. Ore di duro lavoro per trovare la ragazzina prima, per riuscire a strapparla al fiume dopo.

A metà pomeriggio, nel mezzo delle ricerche sino a quel momento infruttuose, il gesto rabbioso di uno zio, che si è spogliato e tuffato, ha seguito la corrente per qualche decina di metri, inseguito e recuperato dai sommozzatori: «Lì non c’è, vado a cercarla io». Invece Anna era proprio lì, lì dove l’avevano vista scomparire i bagnanti alle tre di pomeriggio. Mentre le due connazionali di Fara, Elena e Camelia I., 16 e 12 anni, che erano con lei al fiume e con lei sono cadute in acqua, venivano tratte in salvo e portate in ospedale per qualche controllo, la quattordicenne è rimasta lì, a pochi passi dal punto della caduta, sotto la massicciata in cemento percorsa a piedi per cercare un po’ di frescura.

Imprigionata forse da un copertone, incastrata in un grosso masso, sepolta dall’acqua. «Una ragazza meravigliosa, nessun grillo per la testa, studiosa - raccontano disperati gli amici. Sportiva, piena di interessi. Bella, come dicono le sue immagini sui social network. Sulla riva parenti e amici a decine, stretti attorno alla mamma e al papà, che hanno un altro bambino più piccolo, e vivono da quindici anni a Cassano, in vicolo San Dionigi, a pochi passi dal centro. Muto e di pietra il padre della giovane, lucida e assente a tratti la mamma: «Non vivo senza di lei».

Una morte assurda. Una scappata al fiume, su una sponda frequentatissima. Poi i quattro passi pericolosi sul grosso cordolo di cemento davanti alla diga. L’acqua, la scivolata nella corrente, le grida e la tragedia. L’ennesima. Un’ecatombe annuale, una triste conta. Ogni domenica, almeno un allarme. Spesso finisce bene. Molto spesso è finita male. Ordinanze comunali (fra le altre, quella antituffo del Comune di Cornate) e controlli non sortiscono gli effetti sperati.