Segrate, 24 aprile 2013 - Parlare di tasse non piace a nessuno, anche se poi tutti ne parlano. Così a Segrate, «col cuore infranto» e «tappandosi il naso» - le parole di alcuni consiglieri prima del voto -, è stato approvato un nuovo balzello in casa Imu. A essere toccati non saranno però i cittadini, non direttamente almeno, bensì le aziende. Se per i segratesi infatti le aliquote sulla prima casa (0,4%) e sulle altre abitazioni (0,95%) resteranno le stesse, i problemi nascono invece per i fabbricati di categoria D (opifici, capannoni industriali, ospedali, ecc). In sintesi, la fotografia della situazione è questa: nel 2012 le entrate fino allo 0,76%, per quanto riguarda i capannoni industriali, erano divise tra Stato e Comune.

Nel 2013 invece, lo Stato si prenderà per sé l’intero piatto (almeno fino allo 0,76%) e quindi il Comune, per fermare l’emorragia, ha dovuto aumentare l’aliquota globale dallo 0,95 del 2012 all’1,06% nel 2013. Una variazione che consentirebbe almeno di limitare i danni, fermando la perdita a poco più di 2 milioni di euro. Le aziende dunque pagheranno di più mentre i cittadini no. La paura di molti però è che le due voci siano di fatto strettamente correlate e che la reazione davanti a nuovi aumenti erariali da parte di un tessuto industriale già pesantemente lacerato dalla crisi potrebbe essere davvero devastante. «Segrate costa troppo? - il primo pensiero di chi deve fare business secondo l’opposizione -. Allora ce ne andiamo. E se le aziende scappano, anche il lavoro diminuisce e la città rischia di collassare».

Così la minoranza si ribella: «Vogliamo tartassare gli imprenditori, che sono già in difficoltà e chiudono a decine lasciando a casa centinaia di operai? Diamo un segno di cambiamento - la richiesta dei consiglieri di Scelta Civica -. Già Microsoft e 3M hanno abbandonato Segrate». «In questo modo - la voce di Sel a rincarare la dose - andiamo a colpire proprio chi porta lavoro».

La replica dell’Amministrazione però arriva forte e chiara, segnale di una decisione «sofferta ma indispensabile», come spiega l’assessore Angelo Zanoli: «Quella di Segrate - le sue parole - è una situazione molto particolare: le aziende sul nostro territorio sono circa 3mila, molte di alto profilo, da Mondadori a Ibm. Sappiamo che il momento non sorride a nessuno ma la nostra scelta è stata ben ponderata - sottolinea -: per cominciare questa non è una nostra tassa ma ci viene imposta dallo Stato. Noi però dobbiamo comunque trovare i fondi e, tra cittadini e aziende, siamo stati costretti a scegliere il minore dei mali, consapevoli però del fatto che l’alto livello delle nostre aziende saprà ammortizzare meglio questi ritocchi rispetto ai singoli segratesi».