Carugate, 4 febbraio 2013 - I fascicoli giudiziari sono chiusi. La Cassazione ha deposto l’ultima pietra sulla truce epopea delle Bestie di Satana. Il tempo che trascorre, la polvere sulle carte. Le ferite che non si rimarginano. Come per la sofferenza silenziosa e senza fine della madre di Christian Frigerio. Christian ha 23 anni quando, in un pomeriggio di pioggia del novembre 1996, esce dalla sua abitazione di Carugate. Non lo rivedranno più. Una vittima della setta, la prima, sostengono per anni gli inquirenti, per primo il procuratore di Monza Antonio Pizzi. Sette nomi, l’intero nucleo storico, viene iscritto nel registro degli indagati. Ipotesi di reato omicidio volontario e occultamento di cadavere. Le dichiarazioni, per quanto ondivaghe e fumose, di Mario Maccione fanno scattare le ricerche nel Parco Icrea di Brugherio, a pochi passi da Brugherio. E’ il mese di luglio del 2008. Ruspe al lavoro, scavi. Ma ciò che rimane di Christian non si trova. L’inchiesta è archiviata.

Anna Lia Ferrarese parla senza odio, senza enfasi. Il suo è il dolore dignitoso di sempre: «Mio figlio non c’è più. E io non so dove andare a pregare. Vorrei un posto dove pregare per lui. Così, prego in casa». Oggi non chiede di più. Ritrovare quel simulacro che è oggi suo figlio. E pregare per lui. «Ho perdonato, chiunque sia stato l’ho perdonato, anche se il perdono costa. Lo so, non c’erano prove. L’inchiesta sulla morte di Christian è finita così. Ma io vorrei incontrare uno di questi ragazzi, un giorno, quando uscirà dal carcere, perché prima o poi uscirà. Vorrei averlo di fronte, cercherei di trattenermi e gli chiederei: “Davvero non sai niente di Christian? Se sai qualcosa dimmelo, ti prego”. Sono tutti i giovani, si rifaranno una vita. La mia speranza è una sola: che qualcuno, dico “qualcuno”, chiunque sia, mi dica dov’è mio figlio, dove posso trovarlo. Vorrei solo questo».

Bravo ragazzo, Christian Frigerio. A vent’anni trova lavoro in una ditta specializzata in controsoffittature. Gli piacciono il calcio, il Milan, la musica metal. Nei primi mesi del ‘96 appare cambiato, ansioso, preoccupato. Intere notte trascorsi fuori casa. Continui prelievi con il bancomat. Veste di nero, il pentacolo appeso al collo. Aumenta la passione per quella musica.

E poi quel 14 novembre del ‘96. Christian Frigerio rientra da una trasferta di lavoro a Genova. E’ in casa. Cammina avanti e indietro, fuma nervosamente una sigaretta dopo l’altra. Si raccomanda che Simone, il fratello più piccolo, non esca. Si allontana in biclicetta sotto un diluvio. Incrocia una vicina di condominio. «Buonasera, signora». «Buonasera, Christian». Poi più nulla.
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