di Gabriele Gabbini

Segrate, 15 gennaio 2013 - Un binario vuoto, il buio attorno. La stazione di Segrate è silenziosa. Poi un sibilo, in lontananza, che pian piano si fa più fragoroso mentre un convoglio si avvicina. Un treno arriva, si ferma e poi prosegue la sua corsa come nulla fosse. Pochi i passeggeri in poltrona e ancora meno quelli che scendono, mentre il freddo si fa più pungente. Alle 20.30 di un sabato sera non sono in molti a tornare dalle grandi città, non è un giorno feriale e questa stazione non è certo fort Alamo in quanto a sicurezza. Chi può scegliere spesso scommette sull’auto e al diavolo il traffico, che l’importante è tornare a casa tranquilli. Sguardo basso e passo svelto, movenze tipiche di ogni buon milanese che si rispetti, anche se in questo caso la fretta non è certo legata a impegni professionali, quanto piuttosto alla voglia di restare in zona il meno possibile.

L’illuminazione scarseggia
L’illuminazione c’è, vero, ma funziona a sprazzi con molte lampade bruciate o intermittenti. Per muoversi da un binario all’altro si percorre un sottopassaggio, ripulito da poco anche se ancora persiste un odore acre che a ventate attacca le narici. Sui muri invece campeggiano scritte e graffiti di illegali pittori urbani, tutt’altro che capolavori.

Sotto l’attacco dei vandali
Alle estremità, in corrispondenza dei due binari, ci sono due macchinette obliteratrici. Non funzionano ovviamente, sono spente. E pensare che, senza timbro, il biglietto non è valido e qualsiasi controllore avrebbe tutto il diritto di tirare fuori carta e penna. Inutile poi spiegare che la colpa sia delle macchinette. Quella di Segrate però, a onor del vero, non è una stazione nel vero senso della parola. Si tratta esclusivamente di una fermata, e si vede. Nessun controllo, nessuna attività commerciale, né nelle vicinanze né tantomeno all’ interno, e nessuna telecamera. Nessun bagno anche. Ma a ovviare il problema bastano gli angoli bui della banchina, a giudicare dalla puzza. Di fianco agli scalini che conducono al sottopasso ci sono anche due rampe per i disabili. Utili, almeno a vedersi. Peccato che, considerata la pendenza, servirebbe un motore di buona cilindrata per portar su una carrozzina senza l’aiuto di qualcuno. Ma l’apparenza è salva, e tanto basta. Subito fuori dalla stazione c’è invece la banchina degli autobus. Ne passano diversi e con buona frequenza, non c’è molto da aspettare. Tutti vuoti, o quasi, già dalle 8 di sera. Qualche ragazzo, di ritorno da Milano, e immigrati per lo più sono le uniche facce che circolano dopo il tramonto. «Io mi fermo qui solo qualche minuto prima di ripartire - confessa un autista -. Diciamo che non è il posto dove lascerei sola mia figlia ma non ho mai riscontrato grossi problemi».

Tutto intorno il deserto
Il parcheggio di fronte è sgombro, con poche auto e tante bottiglie. Tutte vuote, qualcuna ancora integra. Nelle poche zone non asfaltate si accumulano sacchetti di spazzatura, pezzi di cartone e perfino un paio di scarpe lasciate lì da chissà quanto tempo. E intanto dall’alto, attraversata la strada, i palazzoni del lussuoso, e mezzo vuoto, Segrate Village osservano tutto da vicino, ma al riparo di alti cancelli. Due mondi, stessa piazza.