Pioltello, 15 febbraio 2012 - «Ci trattano come degli animali, lavorare nei magazzini di Safra è un vero incubo: solleviamo a mano pesi da 40 chili, la voce del capoturno scandisce il ritmo e chi si stanca viene mandato a casa per fare posto a persone più forti». A parlare sono alcuni dei lavoratori licenziati dalle cooperative del Consorzio Safra, terzista di Esselunga, che, ieri mattina, hanno fatto esplodere tutta la loro rabbia davanti ai cancelli del tribunale del lavoro.

E, mentre in aula giudici e avvocati discutevano le prime due cause intentate contro Safra per l’ingiusto licenziamento di 25 operai, davanti ai cancelli del tribunale andava in scena la protesta. «Sono i caporali delle cooperative a decide ogni giorno chi può lavorare e chi invece no - racconta E.E., un lavoratore nigeriano di 32 anni - gli operai si spaccano la schiena sollevando pacchi pesantissimi e chi non riesce viene fatto fuori. Se un lavoratore non è abbastanza veloce, a fine giornata viene chiamato in ufficio per dare spiegazioni e a fine mese gli vengono tolti dei soldi dalla busta paga». Insieme ai lavoratori ieri mattina c’erano i delegati Si.Cobas e alcuni consiglieri provinciali, che da mesi chiedono un intervento del Prefetto per il reintegro dei licenziati.

«Una volta sono svenuto mentre lavoravo - continua E.O., un nigeriano di 26 anni - avevo chiesto al capoturno di fare una pausa perchè stavo male, lui mi ha risposto di firmare un foglio. Credeva che non sapessi leggere l’italiano: su quel foglio c’era scritto che mi rifiutavo di lavorare. Non ho ceduto, ma poi sono uscito in ambulanza». I sindacati denunciano da mesi i ritmi insostenibili all’interno dei magazzini di Limito, forme illegali di caporalato e sfruttamento dei lavoratori. «I turni iniziano alle quattro e mezza del pomeriggio - continua E.O.- e finiscono alle cinque del mattino, poi si riattacca alle undici e chi si rifiuta non viene più richiamato al lavoro. Molti di noi hanno famiglia, abbiamo bisogno di lavorare e quindi è troppo facile ricattarci». Non solo. «La pausa pranzo è di un quarto d’ora, non si può sforare - aggiungono i lavoratori, - le regole della sicurezza non vengono seguite. Durante le riunioni ci mostrano le procedure corrette, quelle che dovremmo seguire per essere in regola, ma poi nei magazzini ci trattano come schiavi e dobbiamo solo correre».

Anche il mondo della politica si è schierato dalla parte dei lavoratori. «Abbiamo chiesto a Esselunga di sedersi al tavolo istituzionale - spiega Diana De Marchi, consigliera provinciale del Pd - non possiamo pensare che l’azienda sia una parte disgiunta dalle cooperative, perchè chiude gli occhi facendo finta di non conoscere tutti gli abusi che vengono commessi all’interno dei magazzini. Tutte le istituzioni devono combattere per cancellare il caporalato, è un modo per fruttare le persone e chi osa alzare la testa per rivendicare un diritto viene lasciato a spasso».

patrizia.tossi@ilgiorno.net