Inzago, 28 novembre 2010 - Come la Francia con i Templari anche l’Italia ha avuto un ordine monastico scomparso in maniera cruenta. Gli Umiliati, fioriti nel XII secolo in Lombardia e soppressi da Pio V nel 1571, i cui fondatori sono misconosciuti. C’è chi dice siano un nobile comasco, Giacomo Ruscone, e un certo Martino di Inzago. In breve le «case» umiliate si diffusero specie in Martesana, dove furono oltre una trentina.

 All’origine gli Umiliati erano operai, artigiani e contadini desiderosi di affrancarsi dal duro vassallaggio feudale. Molti lavoravano la lana ed erano soggetti alla corporazione dei mercanti tessili. Si erano formati gruppi di operai specializzati nei diversi stadi di lavorazione. Quei disperati si resero conto che solo la Chiesa poteva consentir loro di sfuggire allo sfruttamento e coniugare il lavoro a un’esperienza di vita cristiana.
 

Ben si prestava agli insediamenti per la ricchezza d’acqua che favoriva agricoltura e lavorazioni della lana. L’esenzione fiscale consentì loro di raggiungere in breve ricchezza e potenza, al punto che l’ordine finanziava signori e sovrani. Se Francescani e Domenicani hanno avuto figure di spicco, nella storia degli Umiliati non ci sono personaggi di rilievo e neanche un santo benché abbiano il merito di aver creato l’industria tessile in Lombardia e bonificato vaste paludi in Geradadda. Sappiamo che al suo arrivo a Milano nel 1566, Carlo Borromeo li giudicò corrotti al punto da iniziare con loro il suo intervento riformatore. Come i Templari ebbero il loro eroe in Jacques de Molay, così anche uno sconosciuto priore umiliato - tale Girolamo Donato - cercò di opporsi alla Chiesa finendo giustiziato in Santo Stefano.
 

Tutte da chiarire le circostanze del suo attentato. Penetrato in Arcivescovado nella notte del 26 ottobre 1569 il frate riuscì ad arrivare munito di archibugio fino all’arcivescovo. Qui prese la mira e incredibilmente fallì il colpo. Sembra che un angelo abbia deviato il colpo consentendo a Carlo di restare incolume. Se miracoloso è il modo in cui l’arcivescovo si sia salvato ancor di più lo è come l’attentatore sia riuscito a entrare e uscire incolume dall’Arcivescovado, salvo essere catturato alcuni mesi dopo.

All’attentato seguì la soppressione degli Umiliati e la requisizione dei loro beni. Poco resta oggi della loro esperienza; le loro «case» sono state abbattute e restano solo poche abbazie, fra cui Viboldone e Mirasole. Proprio dalle mura di Mirasole ancor oggi un enigmatico sole inserito in una falce di luna ricorda l’epopea di questi frati operai che seppero affrancarsi dai vincoli feudali e sfidare la Chiesa.