Carugate, il racconto di Annalisa: "I morti sono tantissimi, sono viva per miracolo".

Medico-alpinista di 38 anni bloccata in Nepal dopo il terremoto

Annalisa Fioretti al campo base

Annalisa Fioretti al campo base

Carugate (Milano), 26 aprile 2015 - "Sto bene, ma qui è tutto devastato ed è pieno di morti e feriti gravi". Il racconto, dramamtico, è quello che Annalisa Fioretti ha fatto al marito Luca Guzzi, grazie a un telefono satellitare, subito dopo il terremoto che ha colpito il Nepal. Sabato mattina due forti scosse di terremoto di grado 7,9 della scala Richter (epicentro a 80 chilometri a Ovest della capitale Kathmandu) hanno devastato l’intero paese, oltre a provocare delle valanghe che hanno distrutto il campo base dell’Everest, situato a 5.380 metri di altezza: "Neve, detriti, macerie e tantissima polvere ci sono caduti addosso all’improvviso – racconta Annalisa al telefono -. Devo capire come muovermi, ma per fortuna stiamo tutti bene. Io e gli altri non siamo rimasti feriti". Sono ore difficili per la 38enne di Carugate, medico e alpinista non professionista, in Nepal per scalare il Lhotse e promuovere il suo progetto di raccolta fondi per realizzare un progetto umanitario di Street Doctor: "Ci siamo sentiti alle 8.30 del mattino (12.30 in Nepal ndr) – commenta in apprensione Luca -. Poi per tutto il giorno non sono più riuscito a sentirla. Verso le 17.30 (21.30 in Nepal) ho ricevuto un’altra sua chiamata. Sono scesi dal campo base perché non è sicuro e passeranno la notte a Gorak Shep. È una miracolata…".

La tenda di Annalisa, infatti, si trovava in un punto riparato e per questo l’urto della valanga è stato smorzato: "Mi ha raccontato di tende spazzate via anche per 50 metri. È un disastro. I morti sono molti di più di quelli dichiarati ufficialmente dai telegiornali ed è pieno di feriti gravissimi. Hanno bisogno di elicotteri perché non possono camminare: il più vicino centro di ricovero è a tre giorni di camminata. Purtroppo il tempo era brutto e gli elicotteri non potevano fare nulla: speriamo che le condizioni climatiche siano più clementi".

Medico-chirurgo specialista in malattie dell’apparato respiratorio, Annalisa si è messa subito al servizio degli altri: "Ha cercato di dare una mano per quello che poteva - prosegue il marito -. Ora, in base al meteo, decideranno se tornare al campo base. Lì hanno tutto il materiale della spedizione, anche se a questo punto, la scalata del Lhotse non so se la faranno". Non è la prima volta che affronta una montagna (nel 2013 è arrivata in cima agli 8.450 metri del Kangchenjunga), ma la riuscita dell’impresa è a forte rischio.