Non vuoi bene a tuo papà? Allora perdi gli alimenti

La sentenza: senza amore filiale niente soldi. L'avvocato del genitore: "Il padre separato è un padre, non uno sportello bancario". La figlia, ormai 18enne e avviata all'indipendenza economica, non parlava con lui nemmeno al telefono di Monica Autunno

Divorzio

Divorzio

Vaprio d'Adda, 13 marzo 2015 - Reddito paterno decurtato dalla crisi e “assenza d’amore filiale” da parte della figliola affidata alla madre, il giudice azzera l’assegno di mantenimento. La sentenza, ancora una volta “pioniera” nel mare magno e in continua evoluzione della normativa economica e giuridica che disciplina i rapporti fra divorziati, è stata emessa qualche tempo fa, ma depositata nei giorni scorsi, dal Tribunale di Busto Arsizio in accoglimento del ricorso di un padre separato 53enne. Non dovrà più mantenere la figlia diciottenne, che vive con la moglie separata, in quanto il suo stipendio è calato rispetto ai tempi del divorzio, e in quanto la figlia si è diplomata, lavora ed è avviata all’indipendenza economica.

Ma c’è di più: taglio dell’assegno anche perché la ragazza avrebbe interrotto da tempo i rapporti anche solo telefonici con il padre, facendo mancare i presupposti di “amore e affetto filiali” che stanno alla base dei rapporti anche dopo una separazione. Così il legale dell’uomo: “Riconosciuto un fatto sostanziale: il padre separato è un padre, non uno sportello bancario”. Protagonisti della vicenda l’uomo, piccolo imprenditore a Vaprio d’Adda, nel Milanese, la sua ex moglie, residente in zona Busto Arsizio, e la figlia diciottenne. Era stato il giudice, anni fa, in sede di divorzio e di affidamento della ragazzina allora adolescente, a stabilire il quid a carico del padre: 750 euro mensili più ulteriori 1800 euro annui per spese varie e accessorie. Il denaro è sempre stato versato.

Neglio ultimi anni le cose sono cambiate e sono intervenuti tre fattori nuovi: il calo degli introiti dell’uomo causa crisi e la sua mutata situazione privata, in quanto convive con una donna dalla quale ha avuto altri due bambini, ancora piccoli e interamente a suo carico. Di qui il terzo fattore: il rifiuto della figlia di accettare la nuova famiglia del padre, e l’interruzione completa dei rapporti con lui, anche telefonici.

A questo punto il ricorso dell’uomo ai legali. All’avvocato Rosario Alberghina di Cernusco sul Naviglio il compito di intentare il ricorso, puntato sugli aspetti fondamentali, entrambi accolti dai giudici della prima sezione civile del Tribunale di Busto: “l’oggettivo cambiamento delle condizioni economico patrimoniali delle parti”, ritenuto dalla normativa in vigore elemento probante per la modifica degli accordi economici post-divorzio e il “volontario e non giustificato allontanamento della ragazza dal padre, con rifiuto, nonostante i ripetuti inviti a lei rivolti, di qualsiasi rapporto improntato ad amore e affettuosità”. Udienza e sentenza rapidissime, ma senza contraddittorio, in quanto moglie e figlia non si sono presentate in aula nè si sono opposte all’accoglimento del ricorso.