Calciatore travolto e ucciso sulla Rivoltana, fidanzata e amici ricordano Alessandro: "Era il più maturo e generoso"

La piccola comunità di Pantigliate è ancora frastornata per la tragedia avvenuta all’alba di sabato a Segrate, quando il giovane è stato investito a morte sulla Rivoltana da un pirata della strada. "Diceva sempre che amava tre donne: la nonna, la mamma e la fidanzata" di Valeria Giacomello

Alessandro Di Gioia, morto a 24 anni, in una foto che lo ritrae con la fidanzata Ylenia

Alessandro Di Gioia, morto a 24 anni, in una foto che lo ritrae con la fidanzata Ylenia

Pantigliate (Milano), 27 gennaio 2015 - Morire a 24 anni, con un futuro ancora tutto da scrivere. È successo ad Alessandro Gioia, un bravo ragazzo amato da tutti, simpatico e carismatico, una solida famiglia alle spalle, capitano della sua squadra di calcio. La piccola comunità di Pantigliate è ancora frastornata per la tragedia avvenuta all’alba di sabato a Segrate, quando il giovane è stato investito a morte sulla Rivoltana da un pirata della strada. «L’abbiamo visto crescere – commentano i conoscenti - mai una bravata. È sempre stato più maturo della sua età, in mezzo ai suoi coetanei spiccava per buon senso». «Non è uno che se l’è andata a cercare», si sfoga una persona molto vicina alla famiglia. «Le persone che frequentava erano tutti bravi ragazzi, nessuno sbandato o con la voglia di dimostrare chissà cosa». Come ogni venerdì sera era uscito con i suoi amici di sempre, «The Family» come amavano definirsi. Il rituale prevedeva una capatina in discoteca e poi un panino da McDonald’s per chiudere in bellezza. Alessandro è uscito dal locale per prendere una boccata d’aria. Non vedendolo tornare, gli amici sono andati a cercarlo. A circa un chilometro hanno visto degli abbaglianti; corsi sul posto, accanto ai mezzi di soccorso, hanno scorto il corpo mutilato di Alessandro.

Alessandro Gioia, 24 anni

Alla fidanzata Ylenia, al cugino Francesco e all’amica Carlotta costa fatica parlare, ma è più forte la voglia di raccontare chi fosse veramente Alessandro. «Era allegro e solare», ricorda Ylenia. «Fra noi però era anche il più affidabile, non amava fare cose avventate. Si sarebbe laureato in primavera e non vedeva l’ora perché amava finire le cose che cominciava. In futuro avrebbe voluto andare a vivere in un posto freddo, magari in Alaska. Ci siamo salutati giovedì perché il giorno dopo sarei partita per la montagna. L’ultimo ricordo che ho di lui è il suo profumo, il calore del suo abbraccio». «Alessandro – spiega Carlotta - diceva sempre che amava tre donne: la nonna, la mamma e la fidanzata. Era molto presente in famiglia, sempre disposto a dare un mano a tutti. Quando c’era da divertirsi però era l’anima di ogni festa con il suo sorriso contagioso e le sue battute». Francesco giocava nella stessa squadra di calcio, il Pantigliate. Domenica, in segno di lutto, la partita non si è disputata. «Era il nostro capitano – ricorda – e il suo ruolo era di difensore centrale. Nel calcio come nella vita, era sempre abituato a proteggerci. Giocava con la maglia numero 5 e abbiamo già chiesto in Federazione la possibilità che questo numero non venga riutilizzato».