Mercoledì 24 Aprile 2024

Acqua che puzza a Cassina: era colpa del benzene

A un mese dall'emergenza idrica arrivano i risultati dell'Asl di Barbara Calderola

Gli incaricati di Amiacque distribuiscono bottiglie di acqua potabile nei giorni dell'emergenza

Gli incaricati di Amiacque distribuiscono bottiglie di acqua potabile nei giorni dell'emergenza

Cassina de' Pecchi, 29 novembre 2014 - Alla fine era benzene. Un idrocarburo usato come solvente, noto cancerogeno. A un mese esatto dall’emergenza idrica, l’Asl recapita al Comune di Cassina de’ Pecchi i primi risultati delle analisi sui campioni prelevati nei giorni in cui dai rubinetti usciva acqua dall’odore nauseabondo. E sono i biologi dei laboratori di Parabiago ad aver scovato la molecola del mistero che tiene Cassina col fiato sospeso da quel maledetto 23 ottobre.

È giovedì. Tutto comincia con le telefonate dei cittadini che denunciano allarmati il problema. Un vero e proprio assalto montato nel corso delle ore. Sono le 22.30 quando in via Antares arriva di corsa il sindaco Massimo Mandelli. Dalla folla si stacca un cittadino, tuttora introvabile, e gli consegna una delle tante bottigliette con i campioni fai da te. Sarà proprio l’acqua di quel flacone a risultare positiva alla ricerca del benzene. Il valore del solvente uscito dal rubinetto della zona rossa: 1,6 microgrammi per litro, su un limite di legge di 1. Ancora non si sa nulla ma scatta l’ordinanza: divieto per tutti di bere. «Una precauzione», spiegherà il sindaco. Anche perché nessuno dei 12mila cassinesi ha mai mostrato sintomi di avvelenamento.

L’unità di crisi segue le tracce dell’inquinamento nella rete idrica, alla ricerca della falla. Domenica 25, i tecnici Asl e Amiacque approdano alla azienda Dielle di via Galilei e scoprono il «guasto»: una valvola di non ritorno dell’impianto antincendio viene sostituita «dopo un sequestro amministrativo firmato dal nostro comandante dei vigili - ricorda il sindaco Mandelli - e l’emergenza cessa». Due giorni dopo, in uno dei tanti sopralluoghi di quelle ore febbrili, nella stessa ditta vengono prelevati tre diversi campioni, uno dai rubinetti degli uffici, e gli altri dal pozzo di approvvigionamento e dall’impianto antincendio. I primi due sono perfettamente in regola. Nel terzo, pur non destinato al consumo umano, il valore del benzene è a due.

Renato Vitetta, avvocato dell’azienda, contesta i rilievi. «L’ho detto e lo ripeto: sono nulli». Di più, ne ha fatti fare di propri, «nel rispetto della legge, a differenza di quelli raccolti in azienda dalla task force». Dielle contesta le campionature. «I tenici hanno riempito le bottiglie d’acqua dai nostri rubinetti senza un nostro consulente e senza sigillarle». La ditta ribadisce pure che la valvola era stata certificata da esperti della manutenzione pochi giorni prima. «Abbiamo la documentazione – ancora Vitetta -. Per quel che ne sappiamo potrebbe essere stata manomessa. Quando era qui, era regolare. È nero su bianco». L’avvocato va oltre, «si sarebbero potuti fare campionamenti in altre aziende e invece mi risulta che siamo stati i soli» e denuncia un «clima da caccia alle streghe»Quanto ai risultati i consulenti Dielle ritengono che «la quantità di benzene non fosse tale da giustificare un allarme di queste dimensioni».

«Ho fatto quel che un sindaco deve di fronte a centinaia di cittadini che all’improvviso si sono ritrovati a non poter più bere», dice Mandelli. «È per questo che i controlli sono stati eseguiti in altre aziende oltre alla Dielle». E mentre Amiacque via lettera promette sconti sulle bollette per risarcire i disagi, il caso benzene approda in Consiglio comunale. Ieri sera, il gruppo di opposizione Uniti per Cassina ha presentato un’interrogazione urgente sul tema. «Sulla vicenda deve essere fatta piena luce. I responsabili devono avere nome e cognome», dice il portavoce Andrea Maggio.