Il papà di Eluana: aiuto le famiglie con malati in coma

La nuova sfida di Beppino Englaro di Tommaso Papa

 Beppino Englaro

Beppino Englaro

Mantova, 26 marzo 2015 - Non parlategli di «buona morte» o di «eutanasia», non attiratelo nella trappola ideologico-religiosa del testamento biologico («Sarebbe ottimale, ma non è questo il punto»): Beppino Englaro accetta solo di fare il testimonial dei diritti delle famiglie che hanno un figlio, un padre o una madre o un parente che finisce in coma e poi nel limbo nello stato vegetativo. E il diritto che riconosce e nel quale si riconosce è di far fare alla natura il suo corso, per evitare qualcosa che definisce peggiore della morte stessa: il mantenimento in vita di una persona senza coscienza e senza speranza, e che per di più mai avrebbe accettato di subire quella sorte.

Come sua figlia Eluana, finita in coma nel 1992 e spirata nel 2009 dopo 17 anni di esistenza vegetativa. Englaro, 73 anni pieni di energia, è a Mantova per sostenere un progetto pilota in Lombardia, il nome è «Punto coma», che nasce nella città dei Gonzaga per dare una mano a chi da un momento all’altro si trova a dover fronteggiare l’esperienza drammatica di un malato che ha perso ogni funzione attiva, destinato a un futuro nebuloso e angosciante. «Il coma dura al massimo quattro settimane _ spiega Englaro _ poi o si muore o si passa a uno stato vegetativo. Per le famiglie inizia un percorso difficilissimo: è indispensabile avere una guida per sapere cosa fare. E questo è ciò che si propone l’iniziativa mantovana». Singolarmente «Punto coma» nasce per opera della Uil di Mantova. Come mai? Il sindacato in genere si occupa d’altro. «L’idea è partita da una esperienza diretta _ racconta il segretario generale di Uil Mantova Paolo Soncini _ una nostra iscritta ha avuto il padre in coma a Trento. Di fronte alla disperazione sua e della famiglia abbiamo capito quanto potesse essere utile un sostegno a chi si trova in condizioni analoghe».

«Punto coma» non potrà fornire ovviamente assistenza diretta (quella spetta ad Asl e ospedali) ma sarà il primo punto d’ascolto per i parenti dell’ammalato in stato vegetativo, lo indirizzerà verso le strutture esistenti (l’unica per pazienti in stato vegetativo nel Mantovano ha 20 posti letto sempre pieni e richieste da fuori provincia e fuori regione) e curerà aspetti non marginali, dall’inoltro delle richieste di invalidità civile, all’accompagnamento in base alla legge 104, alla domanda di pensione di invalidità, all’assistenza se il coma è legato a infortuni professionali. «Quando ho cominciato nel ’92 ero un cane che abbaiava alla luna - ricorda Englaro con un filo di commozione - ma ora dopo una lunghissima battaglia giuridica è come essere passati dal giorno alla notte».

La legislazione, però non è cambiata, no? «E’ vero - risponde - la politica non si è mossa, ma le massime autorità giurisdizionali, Cassazione, Corte Costituzionale e Consiglio di Stato hanno dato ragione alla causa di Eluana, e a principi semplici: a nessuno possono essere negate le cure, nessuno può essere obbligato a curarsi». Su queste basi, avallate dalla convezione di Oviedo e recepite da mezza Europa ( ma non dall’Italia) Englaro batte la penisola per sostenere chiunque chieda la sua testimonianza. «A Mantova dirò che la libertà costa, oggi (anche grazie a Eluana, ndr) chi vuole difendere i propri diritti può farlo: basta informarsi».