Ecco l’impero dei meloni: dai campi nel Mantovano alla conquista del Senegal

I Francescon: "Il segreto? Rifornire i supermercati"

Si coltiva in Sicilia e in Africa per avere frutti fuori stagione

Si coltiva in Sicilia e in Africa per avere frutti fuori stagione

Mantova, 19 luglio 2017 - «Siamo un po’ la Barilla dei meloni»: è con malcelato orgoglio che Bruno Francescon parla dell’azienda di famiglia, il più grande produttore italiano del frutto preferito dell’estate. A Rodigo, a una ventina di chilometri da Mantova, per indicarla ti dicono di prendere un viottolo sulla provinciale. Altro che viottolo: è uno stradone di 1.500 metri, forse più e largo, da poter contenere agevolmente due tir affiancati. In fondo c’è la sede senza fronzoli dell’impero. Qualche cifra: nel 2016 la Op Francescon (Op sta per Organizzazione di produttori a base consortile) ha fatturato 50 milioni di euro, il 40% dei quali prodotti all’estero.

La sede mantovana occupa 300 dipendenti, oltre a quelli di una trentina di aziende parse tra il Mantovano e le province di Verona, Piacenza e Brescia. E poi ci sono un centinaio di addetti in Sicilia e altri 200 impiegati nella raccolta del prodotto in Senegal. Ma questo gigante da mille ettari di terra mantovana ha le proprie radici in una storia di emigrazione. Il nonno di Bruno, Antonio, all’inizio degli anni Cinquanta lascia il paesino di Lonigo, nel Vicentino, e con il poco che ha, inizia a fare il mezzadro nel Mantovano coltivando cereali e allevando mucche da latte per il Grana. La famiglia riesce a comprare un ettaro di terra e qui nel ’68 i figli di Antonio, Carlo e Roberto avviano la produzione di meloni, che esploderà negli anni Duemila quando la guida dell’azienda passerà alla terza generazione, quella di Bruno, del fratello Daniele e dei cugini Mauro e Andrea. «Il nostro sviluppo è andato di pari passo con quello della grande distribuzione – racconta Bruno, 42 anni, sposato con tre figli – I nostri clienti sono quella decina di catene di supermercati estese a livello nazionale. Questa è la prima delle componenti del nostro successo».

Il secondo fattore è l’export, diretto al Nord Europa, a cominciare dalla Germania, e alle rispettive catene commerciali. Il terzo elemento sul cui contare è l’allungamento della stagione produttiva. Il melone, infatti, nel Mantovano cresce d’estate ma è possibile protrarre la raccolta. Come? «Vent’anni fa abbiamo iniziato a lavorare con un’azienda dell’Agrigentino che oggi è il nostro conferitore principale. Ci fornisce i frutti a maggio e a settembre, praticamente alla testa e alla coda della produzione locale». E poi c’è il Senegal. «Nel 2012 – racconta ancora Francescon – è iniziata una coltivazione su 150 ettari. Il nostro capoazienda laggiù è un modenese col mal d’Africa. I suoi meloni vengono prodotti a febbraio, marzo e aprile e ci consentono di essere sui banchi dei supermercati anche in mesi una volta impensabili. Siamo orgogliosi di aver creato posti di lavoro lì, ma anche in Italia, perché abbiamo un quarantina di dipendenti che possono preparare il prodotto senegalese nei mesi morti». E si vende da febbraio a fine ottobre: «Perché – conclude – in inverno, per la verità, in pochi cercano un melone, ma già in primavera la gente lo vuole. E noi glielo diamo». Con una ricetta precisa: «L’agricoltura italiana soffre di nanismo e deve confrontarsi coi giganti della grande distribuzione. Noi siamo grandi abbastanza per farlo. E siamo anche specializzati: il produttore che fa di tutto è fuori mercato».