La Soprintendenza mette il sigillo: l’ex Burgo torna a cinquant’anni fa

Restauro della cartiera come fu pensata da Nervi, il “papà” del Pirellone

Ex Burgo di Mantova

Ex Burgo di Mantova

mantova, 3 giugno 2017 - La cattedrale della carta, così come l’aveva disegnata nel ‘61 Pier Luigi Nervi, è destinata a tornare all’aspetto originario, un parallelepipedo di cristallo lungo 160 metri sospeso a 22 metri d’altezza. Procede in fretta il restauro dell’ex cartiera Burgo, partito l’anno scorso dopo l’acquisizione dell’impianto da parte del gruppo Pro-Gest della famiglia Zago, e già si possono fare i confronti tra il prima e il dopo gli interventi sul manufatto. Si tratta di un’imponente operazione alla quale lavorano spalla a spalla la soprintendenza ai beni artistici e al paesaggio che ha accordato la tutela al complesso della cartiera, e i progettisti del colosso veneto.

Pro-Gest, ne ha fatto il proprio fiore all’occhiello, in una città dove si attende nel frattempo l’esito di un ricorso al Tar che potrebbe congelare la ristrutturazione della cartiera (nel mirino ci sono i fumi del termovalorizzatore contenuto nel progetto) e di un’inchiesta penale sull’autorizzazione ottenuta dai vertici Zago. Tutto ciò è rimasto fuori presentarla dall’aula del Politecnico dove, nella prestigiosa vetrina di Mantovarchitettura, sono state scoperte le carte del restauro dell’ex Burgo. Lo ha fatto Anna Maria Basso Bert, architetto della soprintendenza di Brescia, Cremona, Lodi e Mantova, che controlla al correttezza degli interventi. Quando nel 2016 lei e i tecnici della Pro- Gest entrano nel complesso architettonico firmato dall’architetto valtellinese (la sua fama è legata anche alla realizzazione del Pirellone) la situazione è critica: la fabbrica è chiusa da anni e, sopratutto, ha subito danni ingenti nell’incendio dell’aprile del ‘74 che aveva fatto esplodere le facciate di vetro. «Rimanendo in equilibrio tra restauro conservativo e rifunzionalizzazione – ha spiegato Basso Bert – abbiamo privilegiato la seconda strada». Tentando però di salvare il salvabile: le enormi bobine che facevano girare la fabbrica e la centrale operativa, che per dimensioni assomiglia a quelle che si vedono nei filmati in bianco e nero sulla Nasa, sono destinate a essere spostate e conservate: costituiranno pezzi preziosi per il Museo della carta che l’ex Burgo dovrebbe ospitare.

Il restauro delle facciate prevede la sostituzione dei pannelli azzurri montati negli anni Settanta dopo il rogo, con nuovi vetri, come era in origine. I progettisti, l’ingegner Giuseppe Ruscetta e l’architetto Massimo Narduzzo, hanno ritrovato e usato a piene mani i disegni originali di Pier Luigi Nervi, che prevedevano nelle superfici più esposte al sole, coperture orizzontali per l’intera longitudine delle pareti. Le dimensioni saranno rispettate al centimetro, solo i vetri verranno sostituiti da cristalli trasparenti con camera d’aria che migliora la climatizzazione. All’interno è stato già rifatto il controsoffitto e si sta allestendo l’ambiente che dovrà contenere il “cuore”, la macchina a ciclo continuo che pur con nuove tecnologie, occupa oltre 100 metri di spazio. I restauratori curano i particolari: dalle mescole per sostituire il cemento avariato, alle maniglie delle centinaia di finestre da sistemare. È un lavoro certosino, costoso (l’investimento di Pro-Gest è di oltre 150 milioni) e l’unico timore è che non si trovi un punto d’equilibrio tra salute e produzione perché non sfumi.