Omicidio a Mantova, la crociata contro i clan del commerciante ucciso

Mantova, si era impegnato con un comitato civico

I carabinieri sul luogo del delitto

I carabinieri sul luogo del delitto

Mantova, 19 gennaio 2018 - «Sandro Tallarico non aveva contatti con la malavita. Anzi». Gli inquirenti mantovani stringono il cerchio attorno all’assassino del commerciante di 57 anni freddato mercoledì sul ponte di San Giorgio. La sua è stata una esecuzione, come dovrebbe confermare l’autopsia, svolta ieri fino a tardi. Sin dalle prime indagini medico-legali era apparso chiaro che Tallarico era stato crivellato in un agguato. Qualcuno lo aveva atteso su una strada che percorreva quasi ogni giorno per recarsi a lavorare nel centro di Mantova nell’antico negozio di cappelli del fratello Paolo.

La sua morte non lascia dubbi nei feroci dettagli tecnici, ma ha le tinte del giallo se si pensa al movente. La parola ‘anzi’ pronunciata dagli inquirenti, che allarga la distanza tra la vittima e possibili conoscenze malavitose, sembra ricollegare l’omicidio all’attività di Tallarico in tema di sicurezza. Lo scenario riporta a Roverbella, dove l’uomo viveva con la moglie - assieme alla quale gestiva una boutique - e la figlia. Un passato lontano di uomo legato ai gruppi dell’estremismo neofascista, il commerciante recentemente si era impegnato nel gruppo spontaneo ‘Roverbella onesta’ creato dall’ex sindaco di sinistra Daniele Marconcini, da poco tornato in consiglio comunale sotto le bandiere del Pd. «Sandro è stato uno dei pochi a metterci la faccia» dicono gli amici che conoscevano la sua determinazione. In una serie di riunioni publiche, ‘Roverbella onesta’ aveva battuto su due tasti: la presenza misconosciuta della criminalità organizzata nel paese e la necessità di impegnarsi di fronte al crescere di furti e rapine.

Gli animatori del comitato ricordano che sin dal ‘96 c’erano stati segnali di presenze inquietanti di mafia, camorra e soprattutto di ‘ndrangheta, attratte dalla presenza del ghiotto mercato del Garda. A fine anni Novanta a Roverbella era stata trovata una centrale di riciclaggio del denaro sporco; nel 2000 l’allora sindaco aveva subito tre inspiegabili atti vandalici. Ad anni più recenti risale un episodio ancora non chiarito: la morte misteriosa del dirigente Asl Emanuele Savazza, trovato senza vita nel suo garage. La Procura di Mantova aveva chiesto la chiusura dell’inchiesta propendendo per il suicidio, ma l’istanza è stata rigettata e le indagini aperte. Tallarico non credeva affatto al suicidio. Forse cercava prove o indizi da fornire per dare una svolta alle indagini. Di sicuro la questione “criminale” era una sua priorità. Può essere stato questo a portarlo sulla linea di fuoco di un killer?