Mantova, 8 marzo 2014 - La ’Ndrangheta avrebbe cercato di allungare le mani sulla raffineria di Mantova. Lo sostiene la direzione nazionale antimafia: nel 2012 famiglie calabresi avrebbero tentato di fare da tramite con compratori internazionali. Cinque anni prima la società è stata venduta ad un gruppo ungherese per ottocento milioni di euro. Ora è uno stabilimento dismesso e da gennaio è area di stoccaggio.

«Procacciatori d’affari». Sono indicati così, a pagina 495 di un corposo volume da ottocento fogli i calabresi che, nel Mantovano, avrebbero cercato di arrivare al business Ies. Raffineria storica della città, stabilmento principe di un petrolchimico fiorente che nel 2006 lavorava ogni anno oltre 14 milioni di tonnellate di petrolio. Nel novembre dell’anno successivo il gruppo sarebbe però stato venduto agli ungheresi della internazionale Mol: un affare da ottocento milioni di euro. Affare che avrebbe fatto gola alle famiglie potenti di Reggio Calabria.

Sui calabresi almeno due indagini si incrocerebbero. Una della direzione distrettuale del capoluogo regionale, l’altra dei colleghi di Brescia competenti per territorialità sul Mantovano. Nella relazione la procura nazionale accenna ad avviate collaborazioni investigative. Gli inquirenti, a Mantova, sarebbero arrivati veleggiando dal vicino gardesano. Indagini internazionali. Sul Garda l’attenzione sarebbe partita da flussi di persone e denaro dall’ex Unione Sovietica. Dalla Russia, e dai commercianti del gas, il denaro sarebbe arrivato copioso da piattaforme off-shore.

Tanto abbondante da attirare le famiglie delle ‘ndrine. «Interessamento», scrive l’antimafia. Perché da poco meno di sette anni la Ies è patrimonio Mol. Da tre mesi, precisamente dal 12 gennaio, è invece soltanto un deposito. Lo stesso gruppo che aveva investito cifre milionarie ha fermato gli impianti di lavorazione: troppo vasto il buco da 95 milioni di perdite nell’ultimo biennio. Ora resta aperta la partita bonifiche.

di Giulio Cisamolo