Cartiera Burgo, per salvare un simbolo del progresso si fanno avanti due gruppi

Mantova non dimentica un secolo di gloriosa storia di Tommaso Papa

5 - Cartiere Burgo, salvi 90 dipendenti

5 - Cartiere Burgo, salvi 90 dipendenti

Mantova, 27 febbraio 2015 - L’ultimo sostegno è arrivato dai social: un video di quattro minuti che gli studenti di una classe dello scientifico «Belfiore» hanno realizzato sulla sua storia. Mantova non dimentica la Cartiera Burgo, per oltre un secolo simbolo di lavoro e progresso e proprio dal progresso condannata a una inarrestabile agonia. La fabbrica è nel cuore ma anche negli occhi di tutti: il colossale parallelepipedo lungo 330 metri e largo 35 venne come sospeso nel vuoto dal suo autore, Pier Luigi Nervi, che lo appoggiò a due enormi campate.

Da allora la sagoma di questa strana architettura industriale domina il paesaggio cittadino ed è visibile da ogni punto delle sponde gonzaghesche dei laghi. Ma al gigantismo architettonico non corrisponde una solida prospettiva economica. La cartiera è ferma dal febbraio di due anni fa e gli attuali proprietari sono impegnati in questi giorni in una trattativa serrata con i quattro gruppi bancari che detengono la maggior parte dei debiti (si parla di 950 milioni di euro). Le banche cercano di entrare nel cda e gli azionisti resistono in vista dell’unica prospettiva per ora aperta: un salvataggio da parte di un grande gruppo italiano del settore del packaging e di un ancora misterioso partner industriale.

Entro marzo i giochi dovrebbero essere fatti e potrebbe partire l’ennesimo piano di ristrutturazione. Sempre meglio del nulla attuale: nel gigantesco complesso affacciato sul lago restano un paio di custodi per turno. Al momento della chiusura la cartiera dava lavoro a 200 persone, inghiottite dalla crisi del settore della carta per la stampa come altre unità del Burgo Group (Chieti e Avezzano). Nel febbraio 2013 la cartiera ha già oltre un secolo di vita e in passato ha dato da vivere fino a 700 famiglie. L’insediamento industriale è del 1902.

Lo realizzano i primi due soci, Binda e Lamberti, ma il salto di qualità arriva nel ’35 quando la cartiera viene comprata da un imprenditore cuneese, Luigi Burgo, che ha creato un piccolo impero della carta partendo dal suo paese, Verzuolo, per espandersi in tutto il Nord. Nel ’62 il magnate, che è anche stato senatore del regno, realizza il suo più grande investimento e affida all’architetto Pier Luigi Nervi la realizzazione di quello che diventerà una sorta di suo mausoleo. Da allora la fabbrica si rafforza, pur tra mille difficoltà legate ai costi dell’energia, fino agli anni ’90 sta in piedi tra ristrutturazioni e innovazione (è l’unica a usare al 100% carta da macero nella produzione, copiando un brevetto giapponese) ma il calo dei consumi cartacei, la crisi dei giornali e l’era digitale fanno il resto. Gli attuali proprietari, la famiglia Marchi, leader del settore appunto con Burgo Group, detiene il 51%, e ora tratta per la riconversione. Da carta per la stampa a prodotti per impacchettarne altri. In prima fila per la cessione c’è la Pro-Gest, primo gruppo italiano nel comparto della carta da imballaggio (fa capo al colosso del Triveneto fondato da Bruno Zago). Poi è riserbo sull’interessamento di un altro gruppo industriale.