IL LIBRO DE IL GIORNO DI GENNARO MALGIERI La Torre di Babele e il sogno infranto dell’unità

Le aspirazioni all’unità, al superamento dell’individualismo nelle comunità, all’ armonizzare le diversità sono state le linee conduttrici dei popoli fin dalla più profonda antichità

Il libro de Il Giorno di Gennaro Malgieri

Il libro de Il Giorno di Gennaro Malgieri

Milano,22 maggio 2015 -  Le aspirazioni all’unità, al superamento dell’individualismo nelle comunità, all’ armonizzare le diversità sono state le linee conduttrici dei popoli fin dalla più profonda antichità. Non di rado, tuttavia, queste aspirazioni sono state frustrate da egoismi e superbia che hanno scatenato conflitti insanabili tra le genti disperdendole. La Torre di Babele riassume significativamente la disgregazione umana, come metafora della dissoluzione dello spirito di solidarietà dei popoli. Stefan Zweig, il grande scrittore austriaco, si rifà proprio al mito biblico della Torre dalla quale sfidare Dio per raccontare la dissoluzione dell’Europa nel primo dei quattro scritti che meritoriamente l’editore Skira raccoglie nel volumetto “Appello agli europei” che di questi tempi è quanto mai attuale. Zweig sostiene che “l’umanità aspira a unioni sempre superiori e feconde”. In duemila anni, dice, l’anelito verso l’unità è stato ben presente a popoli che purtuttavia non di rado l’hanno vanificato. Ma l’idea di dare una forma armonica ad un ecumene tanto frastagliato da diversità difficilmente componibili, è sempre stata viva. Poi, come si sa, lo smarrimento ha avuto la meglio. E noi oggi ancora ne scontiamo le conseguenze.  Abbiamo impiegato gli ultimi settant’anni, reduci dallo sconquasso delle due guerre mondiali, per riproporre la Torre di Babele sotto le mentite spoglie di un’unità economica e monetaria che sembra non portare da nessuna parte, se non nel baratro dove giacciono le buone intenzioni tradite. Forse presagendo la regressione, Zweig ammoniva che nelle scuole bisognerebbe insegnare invece della storia delle guerre, la “storia delle civiltà”. Ecco la modernità dell’appello dello scrittore austriaco. Se gli europei fossero consapevoli della loro identità, della loro cultura comune benché diversa da regione a regione, della necessità di dare un senso a quello che fu il sogno romano e federiciano, in tempi profondamente diversi, probabilmente non ci troveremmo a questo punto. Insomma, la reale unità passa attraverso la “disintossicazione dell’Europa” che ha portato a guardare il vicino con una diffidenza che mai si era registrata in passato: gli anni Trenta, comunque – e Zweig non lo ignorava – erano figli degli anni Dieci quando l’impazzimento delle potenze continentali deflagrò nella guerra civile europea e, per quanti sforzi sono stati fatti, le piaghe che produsse non si sono mai più rimarginate. “La tragedia dell’idea di Europa sta nel fatto che le manca un centro stabile sul quale fondarsi”, scriveva nel 1934. Difficilmente avrebbe ammesso che Bruxelles avrebbe potuto avere quella funzione. E, soprattutto, mai avrebbe considerato possibile l’unità continentale puramente fondata sull’economia e la finanza che, come tutti sanno, hanno la specifica funzione di dividere o, nella migliore delle ipotesi, attivare compromessi fragili come le impalcature della Torre di Babele. STEFAN ZWEIG, Appello agli europei, Skira