Boston, 20 aprile 2014 - «Boston strong», forti come Boston, recita il motto che accompagna la maratona di Boston di domani. Dopo l’attentato al traguardo dell’edizione 2013, che ha provocato tre morti e oltre 200 feriti tra i concorrenti e gli spettatori, l’edizione 2104 della maratona più antica e immutabile della storia si è trasformata in un evento emozionale che coinvolge tutta la città e che ha conquistato gli appassionati della maratona di tutto il mondo.

La pattuglia italiana al via domani, lunedì di Pasquetta, sarà composta di 270 concorrenti. Molti di questi sono lombardi. Ci sarà Gelindo Bordin, campione di maratona a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90 che proprio qui a Boston ha visto la sua gara più emozionante, dopo la storica vittoria alle Olimpiadi di Seul ’88.

Ci sarà, è già arrivato, anche Gianni Morandi, che in questi giorni si è confuso tra i runner italiani dando forza e stimolo a tutti con la sua inesauribile vitalità. «Ho sempre detto che voglio correre a Boston per chiudere la mia carriera di maratoneta - racconta - lo scorso anno ho visto le immagini dell’attentato mentre mi trovano a Rotterdam a correre. Ho deciso in quel momento: dovrò esserci, mi ero detto. E infatti ora sono qui. Ma non sarà l’ultima, ne ho in mente almeno un altro paio».

Tra gli italiani, il cui numero è ridotto per l’enorme richiesta di pettorali, anche lombardi doc. Come Walter Carrara, bergamasco, giunto qui a 44 anni. «Voglio raggiungere il grande slam delle maratone — dice — ma Boston ha un sapore particolare. È la maratona maiuscola. Quella per i runner veri. Quest’anno lo è ancora di più perché tutta la città è intorno a noi, a sostenerci. Un’emozione incredibile». C’è anche Gabriele Ghisleni, milanese, arrivato qui con l’emozione di essere parte di una grande comunità: «Qui tutti sono per noi. Ci salutano e ci battono il cinque per la strada. Sembra che noi diamo forza a loro. Quest’anno non sono in grandissima condizione, ma l’avrei fatta anche camminando».

Un lombardo d’eccezione è Fabio Schiantarelli, di Sondrio, da vent’anni docente di economia al Boston College. «Per i bostoniani la maratona è un evento che fa parte del Dna — dice il professore, che è alla settima edizione -. Dopo l’attentato la maratona è diventata un simbolo di forza che coinvolge tutti». Ieri mattina il docente universitario ha accompagnato un gruppo di maratoneti a correre lungo la salita della Heartbrake Hill, la collina che spesso decide la maratona. Ne sa qualcosa Gelindo Bordin, che qui ha deciso la sua.