Como, 13 febbraio 2014 - C’è una parte della Lombardia in cui si dice che da Berna arrivano i soldi e da Roma le tasse. La Lega Nord e Mario Monti non c’entrano, per tanti paesi di confine delle province di Varese, Como e Sondrio funziona così fin dal 1974, anno in cui Italia e Confederazione Elvetica firmarono l’accordo sull’imposizione fiscale dei frontalieri. Un piccolo tesoro alimentato dalle trattenute in busta paga dei nostri lavoratori oltreconfine, di cui la Svizzera una volta l’anno restituisce allo Stato Italiano circa un terzo (esattamente il 38,8% di quanto incassato). Un fiume di denaro che per l’anno 2012 è stato di 58,6 milioni di franchi (58.675.552,65 franchi, per la precisione, 56 dei quali derivanti dal solo Canton Ticino, il resto da Vallese e Grigioni), una somma equivalente a circa 47 milioni di euro. Soldi che hanno fatto la felicità di quattrocento Comuni e quattro province (Como, Varese, Sondrio e Lecco).

E mentre da Roma i fondi agli enti locali vengono limati ogni anno che passo, a Berna si sono dimostrati più generosi, distribuendo tre milioni di franchi in più (circa due milioni di euro), rispetto al 2011 in virtù dell’aumento del numero di lavoratori frontalieri. Spediti al Ministero del Tesoro, quei soldi ci mettono in media un paio d’anni prima di essere redistribuiti sul territorio, tant’è che nel giugno scorso sono tornati indietro i ristorni del 2010: 11 milioni e 665mila euro da ripartire tra le province di Como (alla quale sono stati assegnati 7 milioni e 131mila euro), Lecco (28mila euro), Varese (4 milioni 453mila euro) e Sondrio (51mila euro). Il resto del tesoretto è finito direttamente ai Comuni, milioni di euro che sono serviti per costruire scuole, finanziare strade e pagare i servizi di paesi montani che di giorno sono popolati solo da vecchi e bambini, perché tutti gli abitanti in età da lavoro sono dall’altra parte del confine.

Adesso che la Svizzera, con il voto di domenica, ha deciso di chiudere le sue porte al lavoro straniero sono in tanti ad interrogarsi su cosa accadrà domani, tanto più che Udc, Lega dei Ticinesi e Verdi vorrebbero bloccare i ristorni già a partire da quest’anno. «Metà del nostro bilancio sta in piedi con i soldi che arrivano dalla Svizzera — spiega Giuliano Cerrano, sindaco di Carlazzo, poco più di tremila anime in provincia di Como – Senza quei 700mila euro non saprei davvero come fare a pagare i servizi e trovare le risorse per le manutenzioni e gli investimenti. Nel Pgt abbiamo previsto una piccola zona industriale, ma ad andar bene darà lavoro a una cinquantina di persone, tutti gli altri dovranno continuare a fare i frontalieri».

Non va diversamente a Bene Lario, che ci abitanti ne ha solo 400. «La Svizzera è la nostra ancora di salvezza – conclude il sindaco, Mario Abele Fumagalli – senza i ristorni sarebbe impossibile mantenere in piedi il Comune. Quando tre anni fa ha chiuso l’unico cantiere nautico del paese almeno la metà dei 36 dipendenti sono andati a lavorare in Ticino. Meno male che ci sono loro». Lo sa bene pure il sindaco di Dongo e presidente della Comunità Montana dell’Alto Lario, Mauro Robba. «I ristorni sono fondamentali per noi, più ci si avvicina al confine più i bilanci dei Comuni quadrano grazie a Berna – conclude – L’Italia si faccia garante con la Svizzera del lavoro dei frontalieri, ne va anche della sopravvivenza delle nostre comunità
locali».

roberto.canali@ilgiorno.net